Stefano Benni
“Teatro”
Consegnare la geniale scrittura di Stefano Benni al teatro è
ormai una consuetudine, il suo stile e la sua ironia graffiante sembrano studiati
per il piccolo palco, che ospita personaggi da ogni giorno o caricature quasi
inverosimili.
Il teatro dà sostanza a tutta la modernità di Benni, ci fa conoscere
in prima persona quelle teste strane che rendono i suoi racconti affascinanti
pur nella vita quotidiana che ci circonda; il teatro non è mai stato
così piacevole e attuale grazie allo scrittore bolognese.
In questo volume ci regala sei pièces gustosi che prima ci accolgono
dolcemente, poi ci sorprendono improvvisamente e viceversa; ci catapultano
in scene da film come nel caso dello “Sherlock Barman”, che riprende
il clichè del colloquio fra barista e cliente, solo due personaggi
per una scena lampo tragicomica. Il finale ci dà il colpo di grazia
che non ci aspettavamo, doveroso dire che il colpo di scena è assicurato.
È geniale la figura de “La topastra”, il quinto brano che
dà uno spaccato fortemente critico della nostra civiltà; una
civiltà dei consumi che Stefano Benni accusa in modo pungente e satirico,
scoperchiando tutto il marcio (è proprio il caso di dirlo) che sta
sotto un’apparenza che non è.
È la rivolta garbata dei ratti rappresentati da una topina sarcastica
e autoironica, che denuncia il razzismo dei comportamenti umani nei suoi confronti;
un attacco al pregiudizio e all’intolleranza nei confronti del diverso.
Dal suo “osservatorio privilegiato” (le parti basse di un mercato
popolare) mette in luce gli inganni degli uomini e rivendica il diritto ad
una vita serena anche per gli appartenenti alla sua specie; se i topi devono
la loro condizione ai comportamenti della razza umana, sarà normale
pretendere almeno un pò del rispetto tanto invocato anche fra gli stessi
“mammiferi superiori”. Come darle torto?
Francesco Serafini
Recensioni – sabato 27 agosto 2005, ore 12:47