Gianluca Morozzi
“L’era del porco”

Gianluca Morozzi è uno pieno di entusiasmo, lo capisci da come si tuffa a capofitto nel resoconto letterario delle sue scalcagnate (dis)avventure sentimentali, lo capisci da come sguazza dentro episodi di vita vissuta così folli da non poter essere altro che verosimili. Morozzi è uno che si diverte molto quando scrive. “L’era del porco” è un romanzo indiscutibilmente comico, ma c’è altresì un’inequivocabile poetica della solitudine che non è difficile da trovare se si legge tra le righe.

Ne “L’era del porco” Morozzi racconta i tre modi perfetti per dannarsi l’anima e rovinarsi la vita: pubblicare un romanzo con un editore sconosciuto, suonare in una rockband scalcinata senza un bassista fisso e innamorarsi di una ragazza che più stramba non si può. Il narratore in prima persona si fa chiamare Lajos, come un dimenticato calciatore ungherese, vive a Bologna insieme ai suoi tre gatti, lavora in una fumetteria, ed ha per compagni d’avventure tre bizzarri personaggi come la Betty, una chitarrista affamata di sesso, Lobo, uno iettatore con lo stesso viso di una rockstar maledetta, e l’Orrido, un biker grosso come una montagna sempre pronto a soccorrere gli amici. Lajos trascorre gran parte del suo tempo con loro, tra concerti in luoghi improbabili e bevute in osterie deserte, finché nella sua vita non compare Elettra, un’originale femme fatale dai capelli nerissimi e lunghissimi e dalla pelle color della luna. Fingendo di ignorare di trovarsi perso nella peggiore via per la dannazione che un uomo possa percorrere, Lajos segue Elettra nelle sue stranezze, sia che queste vogliano dire stare svegli tutta la notte a guardare insulse telenovele pescaresi o a praticare atti sessuali poco ortodossi, sia che significhino viaggiare attraverso l’Europa per inseguire Bob Dylan. E dopo innumerevoli e sfinenti tira e molla, sarà proprio Dylan in persona a portare via per sempre Elettra dalla vita di Lajos, restituendogli la dignità che aveva perso in modo così poco onorevole.

C’è tanta musica dentro “L’era del porco”, tanta quanta può essercene dentro un romanzo di Nick Hornby. Dai Beatles agli Who, da Janis Joplin ai Nirvana, dai Pearl Jam a Billy Corgan e Ryan Adams, è un lungo sano divertimento a caccia di citazione, che diventa vera e propria caccia al tesoro quando si tratta di scovare le citazioni nascoste tra le righe, come quella dei cavalli bianchi del racconto “Se hai bisogno chiama” di Carver o come la pillola di saggezza nascosta nel ritornello di “With every wish”, un bellissimo pezzo di Springsteen sfortunatamente poco conosciuto. Morozzi, d’altra parte, è lo stesso invasato che ha scritto quella piccola storia di drogati fino al midollo del rocker del New Jersey che era “Accecati dalla luce”.

Pierluigi Lucadei


Recensioni – lunedì 18 luglio 2005, ore 19.00