Due novità indie-pop:
Midwest e Marcilo Agro
Il mondo indipendente italiano, da qualche anno, sta abbracciando, oltre al rock, al punk, all’avanguardia, anche la canzone d’autore nelle sue più svariate forme, sul modello delle indie anglosassoni che hanno lanciato fior di autori (Will Oldham, Smog, Belle & Sebastian…). Due recenti novità che meritano grande attenzione sono il secondo album dei Midwest (Varese) e l’esordio di Marcilo Agro e il Duo Maravilha (Novara).
Midwest
“Whatever you bring we sing”
Etichetta: Homesleep
Brani: Release the catch / Odd fair / J. rides a donkey / We’re with
the madcap / Magpie on a wire / Taillights / When the motor dies / Chewing
its name / Lumpy sea divers / Warmed by the coming season
Che talento questi Midwest! Il loro secondo album, “Whateverer
you bring we sing”, potrebbe aspirare al titolo di “Blonde On
Blonde del decennio”, ricco com’è di ballate country-folk
ispirate e dal fascino inequivocabilmente retrò. Nelle dieci nuove
canzoni dei lombardi Midwest è possibile sentire echi della grande
musica degli anni Sessanta, quella di Bob Dylan, dei Byrds, dei Beatles, dei
Rolling Stones; riferimenti più recenti possono essere Palace, Sparklehorse
e anche REM. Il gusto per melodie sghembe e non immediate è lo stesso
dei compagni di etichetta Yuppie Flu, l’approccio è più
‘rustico’, quasi da band di strada.
“Odd fair” ha molto a che spartire con “Rainy day women
#12 & 35”, “J. rides a donkey” è uno stomp blues
in odore di scampagnata acida, “Lumpy sea divers” è un’apertura
esotica e un po’ svogliata, “Warmed by the coming season”,
una country-song intima e dolcissima. Le perle dell’album stanno però
nel mezzo: “Magpie on a wire” e “Taillights” sono
i pezzi migliori. Una morbida ballata “Magpie”, lusinga ai cuori
solitari con piano ed harmonium in evidenza e un sottile strato di mellotron,
violino e violoncello a tenere le redini del pathos. “Taillights”
sembra invece rubata al canzoniere di Townes Van Zandt o Gene Clark, melodia
assassina tagliata in due da una steel lacrimante fino alle estreme conseguenze
di un ritornello giocato tirando fuori dal cilindro un solo di vibrafono.
Country-folk e dixieland non erano mai stati tanto a proprio agio a casa nostra.
E se per una volta Varese sembra Nashville e banjo, clarinetto, trombone,
mandolino riescono a coinvolgere più di una chitarra elettrica è
tutto merito di questi giovanissimi e sconsigliatissimi Midwest.
Marcilo Agro e il Duo Maravilha
“Tra l’altro”
Etichetta: Room Service Records
Brani: Terra / Un sorriso da indossare / Zanzara / Tra le mani / Arpa birmana
Scenario uno: sono seduto sul divano e lo stereo scolora i miei
pensieri mandandomi una melodia che li cancella uno ad uno. E parole semplici
eppure bellissime. Mi piacciono e mi viene naturale cantarle quando esco per
strada (“aprimi e tienimi con te/lasciami ascoltare le cose che hai
da dire/e dopo prendimi e portami con te/ti voglio far vedere le cose che
sai dare/aprimi e fidati di me/che non so farti male non posso farti male”).
“Terra”, questo il titolo del brano, apre il disco di Marcilo
Agro e il Duo Maravilha.
Scenario due: me ne sto disteso sul prato a prendere il sole con le cuffiette
nelle orecchie. Mi fa compagnia “Tra le mani”, una malinconia
che ha la forma di un mazzo di margherite (“fuori c’è l’aria
mi aspetto calore/fuori c’è spazio ed aspetta il mio cuore”).
Di lì a poco arriva “Arpa birmana”, delicatezza d’amore
e d’autore (“senza fretta mi sveglio/poi mi accorgo che ho accanto
meraviglia/che disegna la sua storia di una notte”) con in mezzo un
bel pezzo di sogno.
Il disco di Marcilo Agro e il Duo Maravilha è domestico e bucolico
insieme. E’ musica pacata, minimale (solo due chitarre acustiche e voce),
dolce come l’esordio dei Kings of Convenience, con la freschezza del
primo album di Carmen Consoli.
Un cruccio: se queste canzoni le avessero scritte i Tiromancino o la Consoli
sarebbero cantate da migliaia di cuori teneri in cerca di una voce, o sarebbero
finite scritte su chissà quante smemorande dagli adolescenti più
sensibili alla poesia.
Di scenario ce ne sarebbe un terzo: il soundcheck dei Perturbazione, quando
la violoncellista Elena Diana prova i microfoni cantando “Terra”
e mi fa venire i brividi. Ecco cosa potrebbe essere una meraviglia ancora
più grande: un duetto di “Terra” con una voce femminile.
Devo dirlo a Marcilo, magari in futuro…
Pierluigi Lucadei
Recensioni – sabato 4 giugno 2005, ore16.07