"L'Italia è un posto splendido, ci piace moltissimo
venire a suonare da voi". A parlare è Davey Ray Moor, polistrumentista
e autore di tutte le canzoni dei Cousteau, che abbiamo incontrato in occasione
del concerto di Ancona del 31 gennaio scorso.
Nel resto d'Europa come sta andando l'album? "Ha venduto molto bene
sia in Francia che in Spagna, mentre in Germania sta iniziando adesso
a riscuotere consensi; comunque, in generale, siamo molto soddisfatti
perché l'album è stato accolto bene un po' ovunque"
Avete già pronto il nuovo disco? "Sì, quest'ultimo
periodo è stato molto impegnativo, abbiamo alternato le serate
live al lavoro in studio; ora però il disco è pronto, abbiamo
appena finito di registrarlo, dovrebbe uscire a maggio".
I Cousteau sono una band un po' australiana, un po' inglese, un po' irlandese,
che tanto per confondere le acque ha preso in prestito il nome dal grande
oceanografo francese. Hanno esordito lo scorso anno con un album straordinario,
che mischia meravigliosamente l'eleganza dei Tindersticks e le visioni
dei Bad Seeds. Un album che ammalia già dal primo ascolto, pieno
com'è di belle canzoni: tra queste "Jump in the river",
"Your day will come", "Of this goodbye". Dal vivo
i Cousteau hanno confermato le attese: grande preparazione tecnica, grande
intesa, grande carisma. Il concerto è andato avanti per un'ora
e mezza di fronte ad un pubblico entusiasta, che si è emozionato
dall'inizio alla fine, soprattutto quando sono partite le note di tromba
di "The last good day of the year", il brano più famoso,
pieno di sentimento e di spleen, suonato ben due volte.
E, come anticipazione del prossimo disco, i Cousteau hanno proposto anche
due pezzi nuovi di zecca, tra cui la bellissima "Blue melody",
il cui titolo è tutto un programma.
Pierluigi Lucadei
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