Biotecnologie
Resta alto il rischio di Organismi Giornalisticamente Modificati
Da ormai troppi anni un’informazione a dir poco approssimativa
contribuisce alla diffusione di un certo disagio sociale – se non vera
e propria paura collettiva – quando si tira in ballo l’argomento
degli Organismi Geneticamente Modificati; senza considerare che spesso i principali
ostacoli della scienza sono i suoi stessi risultati, ovvero la loro difficoltà
nell’essere immediatamente compresi ed accettati costituisce un freno
all’approvazione sociale e culturale.
Il vero problema è valutare se gli O.G.M. soddisfano quei requisiti
di sostenibilità che ormai rappresentano il vero parametro della sfida
agricola ed ambientale dei nostri tempi. Sostenibilità che ha triplice
valenza: per la salute umana, in termini di sicurezza, per le risorse naturali,
in termini di tutela e conservazione, e per l’economia, nel senso di
garantire produttività sufficiente e profitto gratificante.
In che misura gli O.G.M. possono soddisfare queste condizioni?
Nel primo e nel terzo caso l’agricoltura biotecnologica si presenta
fortemente concorrenziale, tanto che un approccio realistico la farebbe considerare
come uno dei possibili strumenti, non quello esclusivo, da utilizzare per
cercare di risolvere i tanti problemi che avversano l’agricoltura. È
anche vero però che in campo economico nazionale, data la peculiarità
del nostro sistema agroproduttivo, l’aspirazione primaria dovrebbe rimanere
quella del successo e della diffusione dei prodotti tipici e tracciati, cioè
trasparenti e fortemente legati al territorio, forse l’unica importante
carta da giocare contro le produzioni di ampia scala delle grandi agricolture
intensive.
Il problema riguarda i termini di salubrità dei prodotti geneticamente
modificati per la salute umana; partendo dal presupposto che nessuna attività
umana garantisce il rischio zero, tanto l’agricoltura biologica quanto
quella biotecnologia (i due estremi con quanto c’è “nel
mezzo”) sono da considerarsi non totalmente innocue.
Di contro, per una tecnologia altamente invasiva come quella degli O.G.M.,
è opportuno dare ampie garanzie di sicurezza, considerando anche il
rigido principio di precauzione che la legislazione UE impone, quando impedisce
il commercio/consumo se non si ha l’assoluta certezza del rischio esente.
Stando così le cose, non resta che aspettare i risultati delle sperimentazioni
e delle valutazioni scientifiche necessariamente indipendenti, favorendo (secondo
la legge 28/01/05, n. 5) la coesistenza fra colture transgeniche, convenzionali
e biologiche.
Da questa parte, noi consumatori impegniamoci a garantire l’assenza
di pregiudizio.
Francesco Serafini
Igiene, prevenzione e sicurezza – martedì 13 settembre
2005, ore 14:17