Zanzara tigre, "sorvegliata speciale".
in collaborazione con Roberto Romi*
Giunta in Italia a bordo dei copertoni importati dagli USA, la zanzara tigre
ha colonizzato in poco tempo gran parte degli ambienti urbani, acquisendo
fin da subito la fama di insetto particolarmente aggressivo nei confronti
dell'uomo. Conosciuta già come vettore di dengue e di numerosi altri
arbovirus (i virus trasmessi all'uomo tramite la puntura di insetti), nonché
per la sua attività ectoparassitaria, esercitata cioè sul corpo
degli animali su cui si deposita, la sua presenza e il suo rapido adattamento
alle nostre latitudini hanno preoccupato immediatamente gli esperti dell'Istituto
Superiore di Sanità che ne hanno fatto una 'sorvegliata speciale'.
Nel 1991, infatti, il Laboratorio di Parassitologia dell'ISS ha istituito,
sotto la guida del Dott. Roberto Romi, del Dipartimento Malattie Infettive,
Parassitarie e Immunomediate, un centro di riferimento per la diagnosi, la
sorveglianza e il controllo della zanzara tigre in Italia. Il centro ha prodotto
numerosi documenti tecnici sull'argomento, tra cui le linee guida per la sorveglianza
e il controllo dell'Aedes albopictus, nome scientifico dell'insetto. Presso
l'ISS, inoltre, vengono formati annualmente operatori laureati del Servizio
Sanitario Nazionale coinvolti nelle medesime attività di sorveglianza
dell'insetto.
I parassitologi dell'Istituto hanno, innanzitutto, dimostrato che le uova
di zanzara tigre, sono arrivate in Italia attraverso il commercio di copertoni
usati importati dagli USA e da alcuni Paesi a rischio. Tra il 1988 e il 1995,
infatti, sarebbero giunti nel nostro Paese 44.687 copertoni dagli Stati Uniti,
48.032 dal Giappone e 1.550 da Taiwan. Inoltre l'Italia stessa, nel solo periodo
1993-95, ha esportato circa 13.000 tonnellate di copertoni usati in 77 Paesi
dei 5 continenti. Il pericolo, quindi, è quello di aver importato ed
esportato popolazioni diverse della stessa specie, favorendone così
la variabilità genetica.
Secondo le segnalazioni pervenute al centro di coordinamento dell'ISS nel
dicembre 2000, focolai attivi di Ae. albopictus sono presenti in 9 regioni
(Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna,
Lazio, Campania e Toscana), 30 Provincie e 190 Comuni. A Roma, in particolare,
la zanzara tigre ha trovato un ambiente favorevole, grazie ad un'umidità
elevata nella stagione calda, favorita dalla presenza di palazzine e villini
con giardini privati, condomini con giardini interni e terrazze con abbondante
vegetazione. Inoltre, il grande traffico urbano ha contribuito a far sì
che le femmine adulte, accidentalmente entrate negli automezzi, si diffondessero
nella città.
Insetticidi sul banco di prova
Gli studi dell'ISS per combattere la zanzara tigre si sono concentrati soprattutto
sull'efficacia di alcuni insetticidi. In particolare, nei periodi 1992-1993,
1996, 1998-1999 e 2002, ne sono stati testati in varie zone del centro e del
nord della penisola, 5 tipi diversi: il temephos, il chlorpyrifos, il fenthion,
il deltamethrin e il permethrin.
L'ultima ricerca, condotta tra i mesi di giugno e settembre del 2002, ha preso
in esame 15 popolazioni di zanzara tigre, in 8 città tra le più
infestate d'Italia: Genova, Brescia, Padova, Udine, Bologna, Forlì,
Grosseto e Roma. Il trattamento a base di temephos, l'insetticida più
largamente impiegato in Italia contro le larve dell'Aedes albopictus, catturate
per l'occasione con le ovitrappole sistemate in tombini e chiusini, si è
rivelato pienamente efficace. Infatti, i valori di concentrazioni letali in
grado di uccidere la metà della popolazione presa in esame (LC50) e
quelle capaci di indurre la mortalità dell'intera popolazione (LC99)
sono risultati compresi, rispettivamente, tra 0.0026 e 0.0085 mg/l, e tra
0.0093 e 0.023 mg/l. In entrambi i casi, dunque, al di sotto della soglia
d'efficacia stabilita dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)
pari a 0,02 mg/l. Il confronto con i tre periodi precedenti ha mostrato, tuttavia,
una diminuzione della sensibilità al temephos in quelle aree dove il
larvicida è stato impiegato in maniera intensiva nel decennio scorso
(per es. nelle zone di Padova e Brescia). Una diminuzione della sensibilità
che non si traduce, però, in una resistenza vera e propria, ma nella
necessità di aumentare il dosaggio del prodotto. In particolare, gli
autori della ricerca hanno calcolato che l'Aedes albopictus necessita di una
quantità doppia di temephos, rispetto alla sua 'cugina', l'Aedes aegypti.
Tutte le popolazioni larvali si sono mostrate sensibili anche al chlorpyrifos
e al fenthion (consigliati dall'Oms per l'Aedes aegypti), in grado di provocare
la mortalità degli insetti nel 100% dei casi rispettivamente con 0,01
e 0,005 mg/l. Il deltamethrin e il permethrin hanno indotto, a loro volta,
piena sensibilità nelle femmine adulte di Aedes albopictus.
All'incirca nello stesso periodo, tra maggio e ottobre 2002, i parassitologi
dell'ISS hanno condotto un'altro studio per valutare la durata dell'efficacia
di un insetticida basato sulla variante del Bacillus thuringiensis, un batterio
aerobico capace di produrre un cristallo proteico dall'azione insetticida.
La variante in questione, il Bacillus thuringiensis israeliensis, in grado,
oltretutto, di risparmiare quelle specie che non costituiscono il suo target,
è conosciuta, tuttavia, per la breve durata della sua efficacia, il
che obbliga i disinfestatori ad un uso frequente e ad alti costi di gestione.
Lo studio, condotto all'interno del giardino botanico dell'Università
di Roma "La Sapienza", è consistito nell'allestimento di
una serie di 'allevamenti sperimentali', ottenuti sistemando, vicino alle
solite ovitrappole, secchi neri di plastica contenenti acqua e un substrato
organico, "culla" ideale per le uova di Aedes albopictus. I secchi
sono stati quindi trattati con la dose raccomandata dell'insetticida ad eccezione
di due contenitori usati come secchi di controllo. A distanza di 24 ore dal
trattamento, l'insetticida si è rivelato in grado di provocare la mortalità
delle larve nel 100% dei casi, ma la sua azione è durata appena 48
ore. Questo significa, hanno concluso gli esperti, che un trattamento del
genere, in un simile habitat, richiederebbe, per essere veramente efficace,
di essere eseguito ogni 8-10 giorni.
-Zanzara tigre, le FAQ
Chi è la zanzara tigre?
E' un insetto originario delle foreste tropicali del sud-est
asiatico, conosciuto con l'appellativo di zanzara tigre a causa delle strisce
bianche che attraversano il suo corpo di colore nero. In Italia è stata
rinvenuta per la prima volta nel 1990 a Genova, poco dopo numerosi focolai
larvali sono stati identificati a Padova e in numerose altre città
del nord Italia.
Come si diffonde?
La diffusione in Italia della zanzara tigre si è avuta
inizialmente a causa del trasporto dall'estero di uova depositate all'interno
dei copertoni usati per le auto. Durante le fasi successive le zanzare si
sono diffuse attraverso il volo degli adulti, seguendo principalmente la direzione
dei venti dominanti, con una capacità di spostamento pari a circa 2
chilometri l'anno.
Come si riproduce?
Si riproduce depositando delle uova, tra le 40 e le 80 in media,
in tutti quei contenitori capaci di contenere dell'acqua: le uova vengono
adagiate sulla superficie in modo tale che aderiscano alle pareti. Una volta
sommerse dall'acqua e in condizioni climatiche favorevoli si schiudono dando
origine alle larve che, attraverso un processo di crescita di circa 1-2 settimane,
raggiungono lo stadio di "pupe". Da questo momento impiegano circa
48 ore per diventare adulte e iniziare a volare. Nelle successive 48 ore la
zanzara tigre è in grado di accoppiarsi. Una volta esaurita la funzione
riproduttiva, il maschio sopravvive solo alcuni giorni, mentre la femmina
tenta di procurarsi il suo primo pasto a base di sangue, necessario per far
maturare le uova. Poi, dopo 2-3 settimane, muore anche lei.
Dove si riproduce?
I focolai tipici del suo ambiente d'origine sono le cavità
che si formano nel tronco degli alberi ad alto fusto, ma anche gli incavi
di alcune piante, soprattutto dei bambù e le pozze d'acqua che si formano
tra le rocce. La sua grande capacità di adattamento le ha consentito,
una volta arrivata nel nostro Paese, di riprodursi praticamente in ogni manufatto
in grado di contenere piccole raccolte d'acqua dolce: bacinelle, sottovasi,
secchi, scatole di plastica, bottiglie rotte e copertoni d'auto lasciati all'aperto.
In quale periodo dell'anno si presenta?
La zanzara tigre depone le sue uova da aprile ad ottobre. Considerando,
però, che, in condizioni ideali di temperatura e umidità, le
uova sono in grado di sopravvivere sino a più di 240 giorni e di resistere
a temperature anche sotto lo zero, non stupisce che esse riescano a superare
persino le stagioni invernali. Sono, perciò, presenti tutto l'anno.
Quando e dove punge?
Punge generalmente di giorno e all'aperto, prediligendo le ore
più fresche della giornata. In presenza di infestazioni elevate si
ritrova anche negli edifici e perfino nei piani alti. Colpisce abitualmente
alle caviglie e alle gambe perché usualmente vola a pochi centimetri
da terra. Ma non disdegna polsi e altre zone del corpo esposte. E' molto aggressiva
e le sue punture causano la comparsa di pomfi pruriginosi, spesso edematosi.
In caso di numerose punture contemporanee possono svilupparsi reazioni allergiche,
soprattutto nelle persone particolarmente sensibili. In questi casi è
utile lavare e disinfettare la zona colpita, fare impacchi con ghiaccio e,
eventualmente, applicare una crema al cortisone.
Perché punge?
Il motivo essenziale è assicurare la continuità
della specie. A pungere, infatti, sono solo le femmine, che si nutrono del
sangue, necessario per la maturazione delle uova, di una vasta gamma di animali,
anche se sembrano preferire l'uomo.
Come prevenirla?
E' bene non abbandonare oggetti e contenitori che possano raccogliere acqua piovana (copertoni, bottiglie, sottovasi, innaffiatoi). Provvedendo semmai a svuotarli o, qualora fossero inamovibili, a coprirli con teli di plastica e zanzariere e ad inserirvi filamenti di rame. Nelle piccole fontane da giardino, inoltre, è consigliabile introdurre pesci larvivori, quali i pesci rossi.
* Primo ricercatore del Reparto Malattie Trasmesse da Vettori e Sanità Internazionale, del Dip. Malattie Infettive, Parassitarie e Immunomediate.
In…sicurezz@, 2005-06-23