Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro: passi indietro.

Ridurre i livelli di sicurezza e deprimere la partecipazione dei lavoratori è una strada sbagliata e inaccettabile.

Riportiamo un documento, firmato dai Direttori dei Dipartimenti della Prevenzione delle Aree Vaste Centro e NordOvest della Toscana, sulla bozza del nuovo T.U.

Dal documento si legge: "Il Governo ha proposto un Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro che non è un semplice riordino dell’attuale normativa con opportune eliminazioni di pratiche burocratiche senza rilevanza preventiva. E’, invece, un peggioramento dell’assetto della prevenzione nei luoghi di lavoro che si risolve non tanto in una riduzione delle “incombenze” del datore di lavoro, quanto, piuttosto, in una minore possibilità di tutela della salute dei lavoratori e maggiore incertezza per l’impresa".

Il Governo ha proposto un Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro che non è un semplice riordino dell’attuale normativa con opportune eliminazioni di pratiche burocratiche senza rilevanza preventiva. E’, invece, un peggioramento dell’assetto della prevenzione nei luoghi di lavoro che si risolve non tanto in una riduzione delle “incombenze” del datore di lavoro, quanto, piuttosto, in una minore possibilità di tutela della salute dei lavoratori e maggiore incertezza per l’impresa.
Quando la relazione di accompagnamento a questo progetto di Testo Unico, infatti, afferma: “l’attuale quadro normativo ha concorso a determinare una scarsa propensione del sistema italiano ad uscire da una condizione di lavoro sommerso perché gli adempimenti sono tali e tanti che inducono all’elusione e al lavoro nero ...da ciò è derivato che, a tutt’oggi l’Italia insieme alla Grecia è il Paese con il più alto tasso di lavoro nero”, sembra voler dar spazio agli imprenditori più arretrati, o “più furbi”, non certo a sostenere quelli più illuminati.

Alcuni dei più importanti punti critici sono i seguenti.
1 – Una gran parte degli obblighi dell’attuale normativa vengono trasformati da norme penali in “norme di buona prassi o buona tecnica” per le quali, in pratica, l’osservanza da parte del datore di lavoro non è più obbligatoria; a meno che l’organo di vigilanza (USL) non emetta (a discrezione dell’operatore di vigilanza…) una ”disposizione” per quella specifica situazione (avverso a tale disposizione è ammesso ricorso all’organo gerarchicamente superiore, cioè la Regione). Si incentiva, insomma, una specie di gioco a nascondino con l’organo di vigilanza!
2 – Nell’intento di “semplificare” non è più obbligatorio inserire nel documento di valutazione dei rischi il “programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza”, come recita il 626 attuale. Un documento, insomma, che si afferma dover essere “semplice, breve e comprensibile”, ma, come dire, senza troppi impegni.
3 – Molti degli obblighi previsti attualmente per i datori di lavoro vengono “dirottati” su dirigenti e preposti, infrangendo così il principio della responsabilità incrociata tra diverse figure gerarchiche che è sempre stato un cardine per un’effettiva esigibilità di un precetto di legge.
4 – E’ prevista la creazione di “organismi bilaterali” che possono certificare l’applicazione delle norme sulla sicurezza nella specifica azienda. Questa certificazione dovrebbe essere “considerata” dall’organo di vigilanza nella programmazione dei controlli. Il ruolo dei servizi pubblici di controllo risulterebbe assai imbrigliato e il diritto alla salute rischia di essere “contrattato”, impropriamente, dalle parti.
5 – Viene ridimensionato il ruolo dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS). Ad esempio: scompare l’obbligo di tenere la riunione annuale per la sicurezza nelle aziende con meno di 15 dipendenti. e non vengono considerati, nel computo del numero dei lavoratori presenti, al fine di determinati obblighi, tutti i lavoratori con i “nuovi” rapporti di lavoro temporanei e precari. Addirittura sparisce l’obbligo di informare i lavoratori su chi siano “il responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione e il medico di fabbrica.
6 – Manca una “disciplina” – della quale da tempo segnaliamo il bisogno – per i diversi consulenti per la sicurezza del datore di lavoro.
7 – Non è previsto nessun rafforzamento della rete dei controlli pubblici. Ciò è particolarmente grave nel Sud, rispetto al quale anche molte aziende toscane lamentano un regime di mancato controllo. Nessuna attività di ricerca sulle cause e l’evoluzione di nuovi rischi e malattie da lavoro è rammentata, frustrando così molti operatori e ricercatori sociali.
8 – Non si parla affatto di “responsabilità sociale” delle imprese. Ciò a fronte della promozione delle certificazioni etiche e di qualità in corso da parte della Regione Toscana.
9 – Si aumenta la confusione dei compiti tra i servizi di prevenzione USL e la Direzione Provinciale del Lavoro (Ispettorato del Lavoro), invece di “fare sistema” assegnando definitivamente la lotta al lavoro irregolare agli organi ministeriali e l’attività di vigilanza e assistenza per la salute alle USL. A fronte di una proclamata – ideologica e pubblicitaria– “nuova” impostazione politica della prevenzione “per obiettivi volontari” contrapposta a quella “per regole” cogenti, si liquida il coordinamento tra tutti gli enti che intervengono nei luoghi di lavoro messo in capo alla Regione dall’art.27 del decreto 626.

Occorrerebbe, invece, che complessivamente la legge ribadisse che il “bene salute” è diritto fondamentale, primario e assoluto, dell’individuo, che non può sottostare a valori di rango inevitabilmente inferiori, come le immediate esigenze organizzative dell’impresa e delle logiche di mercato”.

Noi sappiamo che vi è ancora molto da fare sul tema della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, non solo per quanto riguarda gli infortuni, ma anche per quanto riguarda gli effetti cronici delle sostanze e l’organizzazione del lavoro “usurante”. Sappiamo che i grandi cambiamenti avvenuti sul “lavoro vivo” (immigrati, i nuovi, rapporti di lavoro precari “a tempo”, frammentazione produttiva e subappalti …) ci impongono di ripensare programmi e metodi. Sappiamo che la “microimpresa” ha più difficoltà a tenere sotto controllo efficacemente tutti i rischi (ma anche che tante piccole imprese hanno, comunque, “potuto” ben organizzarsi). La crisi economica non induce molto ottimismo. Noi tecnici e ricercatori della sanità pubblica siamo coscienti della realtà. Proprio per questo pensiamo che le aziende che vogliono mettersi in regola devono avere più incentivi e i servizi pubblici devono sviluppare più assistenza. Esempi di questo tipo ve ne sono molti in Toscana: il lavoro sull’”Alta Velocità”, gli accordi di “buona prassi” per la costruzione di nuovi ospedali, le Linee Guida per particolari rischi fatte in collaborazione tra organi pubblici e aziende, il progetto regionale di sperimentazione di sistemi semplificati di valutazione del rischio chimico per le piccole imprese, le esperienze di formazione congiunte, ecc. Queste cose dovrebbero essere potenziate.
Ridurre i livelli di sicurezza e deprimere la partecipazione dei lavoratori è una strada sbagliata e inaccettabile.

I Direttori dei Dipartimenti della Prevenzione Aree Vaste Centro e NordOvest:
Giuliano Angotzi USL 12, Viareggio
Fabrizio Franco, USL 1, Massa-Carrara
Pietro Gabbrielli, USL 34, Pistoia
Giuseppe Petrioli, USL 10, Firenze
Nadi Serretti, USL 5, Pisa
Alberto Tomasi, USL 2, Lucca
Mauro Valiani, USL 11, Empoli
Franco Ventura, USL 4, Prato
Danilo Zuccherelli, USL 6, Livorno

In…Sicurezz@, 2005-02-15