Dequalificazione Professionale:
risarcibili i danni patrimoniali e non.
La Corte di Cassazione, con la Sentenza 10157 del 26 maggio
2004, ha accolto il ricorso del dipendente di una società trasferito
e demansionato. La Cassazione ha indicato che "spetta certamente al dipendente,
in relazione all'accertato demansionamento professionale, il risarcimento
dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.” A seguito della dequalificazione
professionale, quindi, al dipendente andava certamente riconosciuto sia il
danno alla professionalità in senso soggettivo, avendo l'illegittimo
trasferimento leso il suo diritto fondamentale alla libera esplicazione della
personalità nel luogo di lavoro, sia il danno alla professionalità
in senso oggettivo, per la minore dimensione e la minore importanza dell'unità
produttiva di destinazione rispetto a quelle dell'unità di provenienza
e per l'irrimediabile impoverimento del patrimonio professionale conseguente.
Riconoscimento anche per il danno all'immagine ed alla dignità del
lavoratore, per le modalità gravemente umilianti del trasferimento
e per la perdita di autostima ed eterostima, nonchè il danno conseguente
alla perdita di chances professionali, sia nell'ambito della società,
atteso che la direzione del negozio (omissis) lo avrebbe proiettato ai vertici
dell'azienda, sia sul mercato del lavoro, attesa l'età ormai non più
giovane del dirigente e la perdita di immagine nell'ambiente professionale.
Come si è già rilevato in precedenza, recita la sentenza, tale
danno attiene, alla lesione di un interesse costituzionalmente protetto dall'art.
2 della Costituzione, avente ad oggetto il diritto fondamentale del lavoratore
alla libera esplicazione della sua personalità nel luogo di lavoro
secondo le mansioni e con la qualifica spettategli per legge o per contratto,
con la conseguenza che i provvedimenti del datore di lavoro che illegittimamente
ledono tale diritto vengono immancabilmente a ledere l'immagine professionale,la
dignità personale e la vita di relazione del lavoratore, sia in tema
di autostima e di eterostima nell'ambiente di lavoro ed in quello socio familiare,
sia in termini di perdita di chances per futuri lavori di pari livello.
Orbene, secondo la richiamata giurisprudenza di questa Corte, la valutazione
di siffatto pregiudizio, per sua natura privo delle caratteristiche della
patrimonialità, non può che essere effettuata dal giudice che
alla stregua di un parametro equitativo, essendo difficilmente utilizzabili
parametri economici o reddituali (Cass. N. 8827 del 2003).
Consultare la sentenza allegata.
Sentenza Cassazione n. 10157 del 26-05-2004.doc
Igiene, Prevenzione e Sicurezza nell’Ambiente di Vita
e di Lavoro, 2004-06-30