Nello studio Isfol sulla qualità del lavoro in Italia sono stati indagati
anche gli aspetti della salute, dei rischi e dei disagi sul lavoro.
L’esposizione a variazioni climatiche (temperature eccessivamente basse
o alte), a polveri e la presenza di rumori e vibrazioni sono i principali fattori
negativi segnalati dagli italiani negli ambienti di lavoro.
La condizione di disagio segnalata dal maggior numero di lavoratori è
il troppo tempo trascorso a un videoterminale (16,4%), seguita dal dover spostare
e sollevare carichi eccessivi (15,8%) e dalla posizione in cui si lavora (15,5%).
Il 10,4% dei lavoratori segnala invece disagi a causa dell’affollamento
degli ambienti di lavoro.
Nel lavoro temporaneo e in quello nelle pmi è rilevata una incidenza
infortunistica più elevata rispetto a quella osservata tra i lavoratori
occupati in maniera permanente e nelle imprese di grandi dimensioni. Questo
non si rispecchia nella percezione che i lavoratori hanno della loro della sicurezza;
a sentirsi maggiormente esposti ad infortuni lavorativi sono i dipendenti a
tempo indeterminato più dei temporanei (20,5% contro il 14,1% dei temporanei,
quanti hanno un contratto formalizzato più di quelli che lavorano al
nero, quanti operano in imprese con più di 200 aziende.
Il panorama della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro vista dalla
parte dei lavoratori emerge dallo studio "Qualità del lavoro in
Italia", condotta dall’ISFOL sulla base di un campione rappresentativo
di 2.000 occupati in collaborazione, per gli aspetti metodologici, con la European
Foundation for the Improvement of Life and Working Conditions di Dublino.
Alla qualità del lavoro contribuiscono molteplici fattori; lo studio,
volto ad analizzare le condizioni di lavoro in Italia, ha esaminato, anche comparandoli
con i risultati delle analoghe indagini svolte a livello europeo, i seguenti
aspetti: il tempo di lavoro e la conciliabilità tra lavoro ed impegni
extra-lavorativi, l’autonomia e la partecipazione ai processi decisionali,
la salute e la sicurezza sul lavoro, le prospettive di carriera, la soddisfazione,
le discriminazioni e le molestie sul lavoro, le opportunità di apprendimento
e formazione.
La presenza di un ambiente lavorativo privo di fattori di disagio, negativi
o nocivi per la salute psico-fisica del lavoratore influisce sulla qualità
del lavoro .
“Un’occupazione di qualità presuppone che il lavoratore,
da un lato, svolga compiti ed attività che ne rispettino l’anatomia
e le esigenze fisiologiche (e che quindi non comportino il sollevamento o spostamento
di pesi eccessivi, posizioni scomode o dolorose, movimenti ripetitivi degli
arti, ecc.) e, dall’altro, operi in un contesto in cui non sia esposto
a rischi per la propria salute (sostanze chimiche nocive, materiali infetti,
rumori, vibrazioni, polveri, scarsa luminosità, ecc.). – affermano
gli autori della ricerca - Questa dimensione della qualità del lavoro
è quella su cui si è sinora maggiormente concentrata l’attenzione
delle istituzioni, probabilmente a causa dell’elevato numero di incidenti
e di malattie contratte sul lavoro, che ha spinto i decisori politici a predisporre
strumenti per la prevenzione dei rischi e per una maggior sicurezza sul posto
di lavoro, con il fine ultimo di tutelare la salute degli occupati e di ridurre
la spesa per risarcimenti, indennizzi e pensioni di invalidità a carico
dello Stato.”
Riguardo all’esposizione ai rischi, il 31,4% degli intervistati dichiara di essere esposto, nello svolgimento del proprio lavoro, a temperature troppo alte o troppo basse e il 29,5% a polveri, mentre il 23,6% indica la presenza di rumori e vibrazioni prodotti da macchinari e il 16,9% di sostanze chimiche nocive.
Considerando i settori produttivi e le dimensioni delle imprese, gli intervistati che dichiarano di essere esposti a rumori e vibrazioni sono prevalentemente occupati nel tessile, in edilizia, nella fabbricazione di macchinari, nella pesca e nel trasporto marittimo ed aereo, nonché in imprese con 6-15 addetti. Segnalano invece l’esposizione a sostanze chimiche nocive quanti operano nella fabbricazione di mezzi di trasporto e di materie plastiche, in edilizia e nelle grandi imprese. Alle polveri dichiarano di essere esposti quanti sono occupati in agricoltura, nell’industria estrattiva, in edilizia, nella fabbricazione di carta e nel tessile; a temperature troppo elevate o troppo basse quanti lavorano nel settore della pesca, nella fabbricazione di articoli in gomma e plastica e di macchine per ufficio, elaboratori e sistemi informatici, nonché gli addetti dell’edilizia, del trasporto aereo e quelli delle grandi imprese. Segnalano poi problemi di scarsa illuminazione soprattutto gli occupati nella fabbricazione di apparecchiature medicali, ottiche e di precisione e quanti lavorano nelle organizzazioni datoriali, sindacali e professionali, mentre sono sottoposti al sollevamento e trasporto di carichi pesanti gli edili, gli occupati in agricoltura, nella fabbricazione di macchine per ufficio e nelle imprese con 2-5 addetti e a posizioni scomode gli occupati delle microimprese, nel comparto della lavorazione della gomma e materie plastiche, dell’edilizia e nel trasporto aereo. Focalizzando l’attenzione sugli occupati nel terziario, invece, si rileva che questi segnalano tra i rischi soprattutto la presenza di materiali infetti (il 44,6% degli occupati nella sanità), l’esposizione a radiazioni (il 75,1% degli addetti al trasporto aereo), e l’eccessivo utilizzo di videoterminali (l’84,3% degli occupati nel noleggio di macchinari, attrezzature e beni e il 61,5% di quanti operano nel campo informatico).
Lo studio Isfol sulla qualità del lavoro in Italia attribuisce alle carenze nella formazione sulla sicurezza la forte incidenza di infortuni nei lavoratori temporanei nel primo anno di attività.
I lavoratori temporanei si sentono meno esposti al rischio di quelli a tempo
indeterminato, eppure nel primo anno di attività si infortunano di più
di quelli occupati in maniera stabile.
La ricerca Isfol sulla qualità del lavoro in Italia mostra profonde differenze
nell’andamento delle malattie professionali e degli infortuni sul lavoro
nella categoria dei lavori a tempo indeterminato rispetto a quella dei lavoratori
temporanei.
Dalle statistiche Inail emerge che l'incidenza di infortuni è maggiore
in questi ultimi, mentre dalle risposte fornite dai lavoratori intervistati
nella ricerca Isfol si evidenzia che i lavoratori precari si ammalano e si infortunano
percentualmente meno di quanti sono occupati in maniera permanente. Tuttavia
focalizzando l’attenzione sul primo anno di lavoro, si ammala più
della metà dei precari (53,6% contro il 6,5% degli occupati stabilmente)
e se ne infortuna il 72,2% (contro il 14% degli stabili). Gli occupati stabilmente
si infortunano invece soprattutto dopo il 10° anno di attività e
si infortunano meno gravemente di quelli temporanei.
Sotto accusa sono le carenze nella formazione alla sicurezza.
Questo stato di cose è imputato dall’Isfol, in primo luogo, “al
fatto che i lavoratori temporanei non vengono adeguatamente formati sulla prevenzione
dei rischi e sulla sicurezza, soprattutto nel caso di quanti lavorano con contratti
meno regolamentati, che comportano meno obblighi da parte del datore di lavoro;
in secondo luogo, i precari non vengono adeguatamente formati, in particolare
sull’eventuale utilizzo di apparecchiature o macchinari e vengono impiegati
in attività per le quali comunque non è richiesta una formazione
troppo specifica.[...]
Infine, i dati mostrano che i temporanei non si infortunano né si ammalano
in maniera invalidante, il che potrebbe significare da un lato che essi svolgono
attività non particolarmente “pericolose”, nel qual caso
sarebbe richiesta una formazione specifica e specialistica e, dall’altro,
che non hanno lavorato per un lasso sufficientemente prolungato di tempo per
sviluppare malattie invalidanti (cosa che accade invece ai lavoratori permanenti
dopo più di 10 anni di attività).”
Nello studio Isfol sulla qualità del lavoro in Italia è stato esaminato anche l'aspetto relativo agli episodi di discriminazioni, molestie, violazioni dei diritti. Condizioni che possono deteriorare l’ambiente di lavoro e minare la salute dei lavoratori.
Riguarda anche l’aspetto della sicurezza sul lavoro l’analisi relativamente alle discriminazioni, molestie, violazioni dei diritti nei luoghi di lavoro effettuata dall’Isfol nell’ambito della ricerca sulla qualità del lavoro in Italia che ha coinvolto oltre 2000 lavoratori.
Tali problematiche infatti possono deteriorare l’ambiente lavorativo
ed avere riflessi negativi sulla salute del lavoratore.
L’indagine ha esplorato la presenza di discriminazioni sul luogo di lavoro
in relazione ad alcuni aspetti, tra i quali età, opinioni, politiche,
genere, nazionalità, disabilità. Il fattore in relazione al quale
gli intervistati segnalano la frequenza più elevata di discriminazioni
è l’età (7,5% dei casi). Seguono discriminazioni per opinioni
politiche (5,5%), per il genere di appartenenza (4,9%), per la nazionalità
(3,3%), per le disabilità (3,2%), per il credo religioso (1,9%) e, infine,
per l’orientamento sessuale (1,5%).
La ricerca ha individuato i tratti comuni agli ambienti e ai tipi di lavoro
nei quali più di frequente vengono segnalati episodi discriminatori:
a darne più spesso notizia sono infatti i lavoratori dipendenti, a tempo
indeterminato, impegnati in organizzazioni produttive di grandi dimensioni e
con orari di lavoro “atipici” (turni, lavoro notturno e nei festivi)..
Inoltre, nella maggior parte dei casi la situazione occupazionale nella quale
più frequentemente vengono segnalate discriminazioni è quella
caratterizzata da scarsa o nulla autonomia nella conduzione delle attività
e da una limitata partecipazione del lavoratore ai processi decisionali.
Considerando invece i singoli fattori di discriminazione, le situazioni in
cui è l’età a costituire un problema, per esempio, si rilevano
soprattutto nell’ambito della Pubblica amministrazione e, in misura più
ridotta, nell’industria.
Per quanto riguarda poi le discriminazioni fondate sul genere, queste sono rilevate,
ancora una volta, dagli occupati nella Pubblica amministrazione ma anche in
alcuni comparti del terziario privato, dalle donne, dagli ultra cinquantenni
e dai residenti nel Mezzogiorno.
Le discriminazioni ai danni di soggetti con disabilità, vengono riferite
in quasi tutti gli ambiti produttivi e da occupati secondo le più diverse
tipologie occupazionali, sebbene le segnalazioni provengano soprattutto da lavoratori
dipendenti, occupati in organizzazioni produttive di grandi dimensioni, turnisti
e lavoratori notturni.
Riguardo agli episodi di violazione dei diritti, il 12,3% degli intervistati
dall’Isfol riferisce di essere a conoscenza di violazioni dei diritti
sul proprio posto di lavoro. A rilevare tali problemi sono prevalentemente gli
uomini (67,1%), di età compresa fra i 30 ed i 49 anni (62,6%).
Episodi di soprusi sono rilevati in particolare nelle grandi imprese, laddove
sono frequenti gli orari atipici (lavoro notturno, festivo, a turni), nelle
professioni tecniche e in quelle non qualificate.
L’esistenza di episodi di molestie sessuali nel proprio ambiente di lavoro
è invece rilevata una piccola percentuale degli intervistati (2,7%).
Sono soprattutto le donne a farvi riferimento, quanti sono occupati stabilmente,
lavorano con ritmi elevati o discontinui, di notte, nei festivi e a turni ed
operano nel terziario (pubblico e privato). Denunciano l’esistenza di
molestie sessuali nel proprio ambiente lavorativo, inoltre, soprattutto gli
occupati in organizzazioni di grandi dimensioni.
(fonte: punto sicuro)
Igiene, Prevenzione e Sicurezza nell’Ambiente di Vita e di Lavoro, 2004-05-12