Secondo uno studio della Lega Italiana contro i Tumori,
smettere di fumare prima dei trent'anni sarebbe un passo importante, e
spesso decisivo, sulla via della prevenzione: sembra infatti che abbandonando
il "vizio" in età precoce sia possibile ridurre in maniera
significativa i rischi di malattie legate al fumo. Non parliamo soltanto
di cancro al polmone, ma di tutte le neoplasie che hanno nel fumo un importante
fattore etiologico, di enfisema, delle infezioni e delle altre malattie
che hanno un notevole incremento di incidenza nei fumatori, non ultime
quelle cardiovascolari. Il tabacco aumenta il rischio d'infarto e fa abbassare
il periodo d'età più colpito attorno ai 45 anni. D'altronde,
si sa, la nicotina è un veleno. Se ne rendono conto coloro che
riescono a dire addio alle sigarette: già dopo una giornata il
corpo ricomincia a respirare, il monossido di carbonio scompare dall'organismo
e il sangue torna a trasportare in modo efficace l'ossigeno ai tessuti;
dopo un mese si riscontrano i primi vantaggi per il polmone, con la ricostruzione
dell'epitelio ciliato delle vie respiratorie. Purtroppo, però,
a smettere di fumare sono soprattutto gli ultracinquatenni, che hanno
decenni di dipendenza alle spalle e spesso acquisito danni irreversibili.
I giovani invece hanno davvero la possibilità, secondo la ricerca
della Lega Tumori, di mettere una pietra sopra al "problema fumo",
smettendo prima possibile, comunque entro i trent'anni. Sul rapporto giovani-fumo
i dati non sono però incoraggianti. Gli adolescenti che "prendono
il vizio" non diminuiscono, e a preoccupare maggiormente è
l'aumento delle ragazze fumatrici, che stanno uguagliando, per numero,
i ragazzi. D'altra parte nel nostro Paese, già da qualche tempo
i dati generali parlano chiaro: il 26 % delle donne è tabagista,
contro il 21 % degli uomini.
Pierluigi Lucadei
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