La legge 526 del 21 dicembre 1999, che detta disposizioni
per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia
alla comunità europea, ha modificato non poco la 155/97 per la
corretta prassi igienica dei prodotti destinati al consumo umano. La legge
era molto attesa dalle piccole imprese per i benefici derivanti dalle
procedure semplificate per l'autocontrollo (HACCP). Ebbene le novità,
previste dall'art. 10, sono molto importanti e già fanno discutere.
In primo luogo, per le autorità incaricate del controllo, viene
stabilito un termine congruo, comunque non inferiore ai 120 giorni, che
deve essere assegnato all'azienda, per risolvere le carenze riscontrate
da un primo sopralluogo, prima di poter applicare le sanzioni previste.
Questo è sicuramente un termine eccessivo e forse era meglio lasciare
alla discrezionalità della vigilanza stabilire, caso per caso,
quali fossero i tempi "congrui" come previsto in prima applicazione
dalla 155/97. Infatti, se c'è pericolo di contaminazione per il
consumatore il tempo deve essere zero, nel senso che l'attività
va fermata fino alla soluzione del problema, per evitare di finire all'ospedale
con una tossinfezione alimentare. Tempi diversi invece possono essere
stabiliti per adempimenti che non coinvolgono direttamente la salubrità
degli alimenti. La comunitaria 1999 stabilisce anche che le regioni dovranno
individuare, entro il primo aprile 2000, con proprio provvedimento le
attività alimentari che possono avvalersi delle procedure semplificate
per l'HACCP. Di fatto, le regioni non hanno ancora definito quali saranno
queste categorie e ciò crea apprensione per gli addetti ai lavori.
Saranno esclusi dalle procedure di autocontrollo i prodotti "tipici",
quelli cioè che richiedono lavorazioni particolari e tradizionali
per mantenere le caratteristiche organolettiche tipiche del prodotto.
La limitazione però sta nel fatto che questi prodotti non potranno
essere commercializzati, se non tramite vendita diretta dal produttore
al consumatore nell'ambito locale della zona tipica di produzione, fatta
eccezione per i prodotti tradizionali individuati dall'art. 8 del D. Lgs.
73/98 per la valorizzazione del patrimonio gastronomico. Anche questo
fa molto discutere perché si può solo sperare che siano
comunque salvaguardate, oltre alle tecniche tradizionali tipiche di produzione
e conservazione, anche le tradizionali prassi igieniche per la salubrità
dell'alimento a tutela del consumatore.
Pietro Lucadei
S. Benedetto T., 2000-02-14
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