Vino in Accademia
La filiera dei vini DOC sotto la lente

È da tempo che si sente ripetere durante i convegni imperniati sulle tematiche vitivinicole che sussistono alcuni elementi in grado di mettere in crisi l’efficacia del sistema europeo dei vini a Denominazione d’Origine Controllata (D.O.C.). In particolare sono tre i macrofattori che si possono ritenere responsabili di tale situazione: i cambiamenti strutturali della domanda e dell’offerta, quest’ultima influenzata soprattutto dal crescente arrivo sui mercati internazionali dei vini provenienti dal “Nuovo Mondo”, la complessità degli aspetti legislativi ed istituzionali del comparto vini e, infine, le strategie di comunicazione e promozione del prodotto tanto a livello nazionale che sul panorama mondiale.
Di tutto questo e di altro ancora si è discusso venerdì scorso all’Accademia dei Georgofili, durante il convegno dal titolo “Politiche dell’offerta e sistemi di organizzazione della filiera vitivinicola DOC: un confronto europeo”. Il seminario è stato organizzato dall’Accademia stessa in collaborazione con il Consorzio Chianti Classico e il Gruppo di Ricerca in Economia Vitivinicola Europea (GREVE). L’incontro, che fa seguito a quello svolto a Regua-Douro (Portogallo), si è posto l’obiettivo di fornire un quadro generale relativo alle cinque grandi DOC europee (Chianti, Rioja, Porto, Bordeaux e Champagne).
Ciò al fine di evitare o comunque cercare di contenere le fluttuazioni di prezzo del vino in bottiglia, dovute a loro volta a fluttuazioni sul prezzo delle uve e del vino sfuso. Il vino, infatti, essendo reputato dal consumatore un prodotto agroalimentare di fascia elevata, non può permettersi il lusso di oscillare da un anno all’altro a seconda della bontà della vendemmia o delle variazioni in campo legislativo. Se così, fosse, infatti, specie per i vini collocati su una fascia di prezzo medio-alta, ci si troverebbe di fronte a consumatori che si sentirebbero traditi dai loro produttori preferiti per il fatto di aver acquistato una bottiglia in un’annata magari migliore, ma a un prezzo sensibilmente più elevato. Inoltre si verrebbe a mettere in crisi centinaia di produttori che, all’interno di un gioco a ribasso dei prezzi, non avrebbero i mezzi e le possibilità per fornire un prodotto di un certo tipo a prezzi contenuti.
L’esigenza di combattere questa flessibilità non significa, però, creare un sistema di produzione rigido, tutt’altro. Lungo la filiera si necessita di una struttura flessibile in grado di adattarsi continuamente al mutare degli eventi, tanto sul piano economico quanto su quello legislativo e, non da ultimo su quello sociale. Non bisogna dimenticarsi, infatti, che solamente quindici anni fa erano pochi coloro che si intendevano di vino e che ne parlavano, oggi è un fattore di moda che coinvolge una folla di appassionati sempre crescente.
Infine la filiera deve essere in grado di trasmettere un senso generale di alta se non altissima qualità al consumatore. Negli primi anni novanta lo scandalo dei vini alterati al metanolo obbligò moltissime aziende a chiudere e ha generale un alone di sfiducia verso questo prodotto. Ora siamo in una fase di netta controtendenza, anche per i vini che possiamo trovare tra gli scaffali di un supermercato, i quali, a loro volta, sono presenti in numeri e tipologie sempre maggiori e differenziate. Episodi del genere, quindi, non devono mai più accadere.

Armando M. Corsi

Primo Piano – sabato 29 ottobre 2005 – ore 19:54