Speaker Corner
LE ELEZIONI PRIMARIE E LA DEMOCRAZIA


Lo Speaker Corner è un angolo di Londra in cui, tradizionalmente, si può parlare di qualunque argomento. Allo stesso modo, questo editoriale da oggi e con cadenza settimanale si interesserà di questioni diverse, ma, comunque, spero interessanti. Il mio Speaker Corner, come quello di Londra del resto, non ha alcuna velleità programmatica né pretese metodologiche. Si tratta solo di un foglio dove butterò giù riflessioni e parole personali senza altra aspirazione se non suscitare qualche riflessione. Perdonatemi dunque se qualche volta vi annoierò.
Comincio parlando delle elezioni primarie del Centro-sinistra. L’Unione ha stabilito che il 16 ottobre i cittadini sceglieranno direttamente il candidato premier della coalizione. Si tratta di un esperimento innovativo destinato, in caso di successo, secondo le parole di Vannino Chiti, a rivoluzionare tutta la politica italiana. Fino ad ora, oltre all’Onorevole Prodi, hanno annunciato di volersi candidare Clemente Mastella, Alfonso Pecoraro Scanio, Antonio Di Pietro e l’outsider Ivan Scalfarotto. Si voterà dalle 8 alle 22 nella maggioranza dei comuni dove saranno predisposti seggi in cui, nel pieno rispetto delle procedure democratiche, i cittadini potranno esprimere la loro preferenza. Non è richiesta alcuna tessera di partito: ogni elettore dovrà semplicemente mostrare la carta di identità, la tessera elettorale e sottoscrivere il programma dell’Unione. Tra i moltissimi aspetti interessanti e le innumerevoli implicazioni delle primarie, a me sembra che almeno due meritino una particolare attenzione.
Innanzi tutto, il problema delle candidature. Nonostante le innumerevoli (e, spesso, rumorose) opinioni del contrario, a me sembra che le primarie richiedano di per sé una scelta tra candidati diversi. Se vi fosse un sicuro vincitore o, peggio, un solo contendente le primarie non sarebbero un’alta espressione di democrazia. Sarebbero una farsa ed una presa in giro. La caratteristica più importante della democrazia, infatti, è appunto la possibilità data ai cittadini di scegliere coscientemente fra idee e programmi diversi.
La questione principale, però, è se le elezioni primarie determino un approfondimento della democraticità del sistema. Negli Stati Uniti, ad esempio, le primarie hanno trasformato gli apparati burocratici dei due partiti principali in strutture più vicine alla gente. Tuttavia, esse hanno anche imposto un’eccessiva personalizzazione della politica. Dinastie simili a quella della famiglia Bush non sarebbero state possibili se i partiti controllassero rigidamente le candidature. In Italia si rischia un processo analogo? Da un certo punto di vista, penso di sì. In effetti, Tangentopoli ha già imposto una certa personalizzazione della politica delegittimando i partiti (il Presidente Silvio Berlusconi, in un certo senso, ne è la dimostrazione). Tuttavia, il sistema italiano conserva meccanismi di controllo sufficienti a garantire il potere dei partiti. Il governo, ad esempio, è sottoposto alla fiducia del Parlamento: i partiti, quindi, continueranno ad avere un potere importante perché potranno ritirare in ogni momento il mandato al Primo Ministro.
Mi sembra, d’altra parte, che le primarie potrebbero contribuire a risolvere un problema che il metodo maggioritario, così come è congegnato, non in nessun modo eliminato: l’instabilità dei governi. Fino ad oggi, le maggioranze incoerenti sono state fonte di ricatti incrociati e le decisioni dei governi più che improntate all’efficienza ed all’efficacia sono spesso apparse come la stentata sintesi di posizioni talvolta contraddittorie. Un Premier scelto direttamente dai cittadini sarebbe, mi sembra, investito di una legittimità che va oltre il mero voto parlamentare. Non è escluso, dunque, che la sua posizione possa risultare più solida, con enorme giovamento per l’Italia intera.
Ma più di tutto, le primarie sono uno strumento in più attraverso cui i cittadini possono far sentire la propria voce. Proposte radicali come la così detta “democrazia referendaria” sono solo utopie irrealizzabili che spianerebbero la strada ad aberrazioni politiche. La democrazia reale, al contrario, richiede solo due cose, all’apparenza semplici ma in definitiva estremamente complicate: la libera scelta fra diversi possibili candidati e che tale scelta sia fatta dai cittadini con coscienza. È evidente che le primarie ampliano ed approfondiscono la scelta perché coinvolgono le persone direttamente nella selezione dei futuri candidati. Le elezioni primarie, però, possono contribuire anche a creare un dibattito nazionale che coinvolga la maggior parte dei soggetti della società civile. Infatti, la campagna elettorale impone ai candidati di tenere comizi e di rispondere alle domande della gente, il voto stimola l’interesse e la partecipazione dei cittadini, le organizzazioni sono coinvolte nella loro preparazione o nel loro boicottaggio. In definitiva, per un Paese in cui l’informazione è così carente il successo maggiore delle primarie dell’Unione potrebbe essere proprio l’aver stimolato un dibattito.

Gianmaria Pinto

Primo Piano, Sabato 10 Settembre 2005