Gauguin-Van Gogh: l’avventura del colore nuovo
Brescia, al Museo di Santa Giulia fino al 19 marzo 2006
Per gli appassionati di storia dell’arte è certamente un appuntamento
da non perdere. Per coloro che ad essa intendono avvicinarsi, una tappa obbligata.
Per tutti un occasione per conoscere ed apprezzare due grandi protagonisti
del post-impressionismo artistico: Paul Gauguin e Vincent Van Gogh. Un opportunità
che ognuno può fare propria visitando la mostra “Gauguin-Van
Gogh, l’avventura del colore” al Museo di Santa Giulia, in quel
di Brescia dal 22 ottobre 2005 al 19 marzo 2006. Un evento che, si inserisce
nel progetto “Brescia. Lo splendore dell’arte” e ospiterà
anche le opere di Millet, Francalancia, De Pisis, nonché una sezione
dedicata ai restauri di dipinti appartenenti alla Pinacoteca Tosio Martinengo.
Ma a farla da padrone saranno i 150 lavori complessivi di Gauguin e Van Gogh
(100 dipinti e 50 tra disegni, acquerelli, pastelli ed incisioni) provenienti
dai maggiori musei e collezioni di tutto il mondo. In ciò fondamentale
è stata la collaborazione del Van Gogh Museum di Amsterdam e del Kroller-Muller
Museum di Otterlo che insieme prestano ben 31 quadri dell’artista olandese.
Un percorso ricchissimo ed articolato in nove diverse sezioni per far conoscere
al meglio l’arte e la vita di due artisti così profondamente
simili eppure così profondamente diversi: Van Gogh, infatti, vedeva
l’artista parigino come un maestro, per questo lo attese e lo ospitò
ad Arles nella famosa casa gialla. Ma, come noto, il sodalizio durò
poco più di due mesi a causa delle divergenze sullo scopo e sui metodi
dell’arte.A questo periodo è dedicata la quinta sezione della
mostra: con opere come “Arlesiane” (1888) o “Lavandaie a
Arles” (1888) di Gauguin e “La madre dell’artista”
(1888) e “L’Amante” di Van Gogh(1888) e molte altre.
Le idee dell’artista francese furono certamente in anticipo sui tempi:
la pittura doveva essere uno specchio fedele del mondo interiore e soltanto
il colore poteva consentire lo scavo negli abissi dell’animo umano.
Che fosse un’artista eclettico lo si comprese fin da subito. “
A forza di vivere si finisce per sognare una rivincita e bisogna accontentarsi
del sogno”. Così scriveva e così sottolineava la sua volontà
di fuggire dalla civiltà occidentale per dirigersi verso il sogno,
il misticismo. Verso mondi lontani. Per questo vagò ramingo alla ricerca
di ambienti incontaminati. Alla ricerca, forse, di se stesso. Tra i suoi molteplici
viaggi, i più significativi, probabilmente, furono quelli compituti
a Thaiti e alle isole Marchesi tra il 1891 ed il 1901, anno della sua morte.
Non a caso, infatti, la produzione artistica di questo periodo trova ampio
spazio nella nona sezione della Mostra, con importanti opere come “Donne
di Tahiti” (1891) o “Donne con cavallo” (1903). Di questo
periodo è anche la sua opera più nota, intitolata “Da
dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?” (1897) in cui rappresenta la
varie fasi dell’esistenza umana e le sue necessità vitali e non.
Anche qui il sintetismo e l’accensione dei colori è evidente.
Anche qui non si sofferma sul particolare o sulle sfumature. Il motivo è
chiaro: Gauguin vuole porsi come profeta, portatore di valori più alti
per affermare che “l’uomo e la vita da sempre ed in ogni luogo
debbano essere considerati un fine e non un mezzo da sfruttare”. E quindi
Van Gogh: genio incompreso che incarna il tema quantomai moderno della solitudine
nella civiltà massificata. Le sue opere che emanano luce e forza vitale
sono sintomatiche di un disagio interiore, della volontà di trovare
quella tanto sospirata pace dell’anima. Un bisogno che viene trasportato
nelle sue opere e che lo conduce alla nota tavolozza chiara, “accesa
dai contrasti tra colori complementari e modulata sulla luce del mattino”.
All’artista olandese sono dedicate ben sette delle nove sezioni presenti
alla mostra. Dallle opere su carta, ai quadri della maturità, passando
attraverso l’influenza di Millet. Nel mezzo una produzione artistica
imponente per qualità e quantità. Come non ricordare la serie
del “Ritratto di Joseph Roulin” (1888-89) o “Il seminatore”
(1890) oppure “Serata in famiglia” (1889). Ma vanno anche mesionati,
non fosse altro per la loro “fama”, la serie dei “Girasoli”
(1888) o la “Chiesa di Auvers” (1890), nei quali esprime tutto
il suo anelito religioso, l’unico in grado di “salvarlo”
da una società sempre più alienante che lo stava portando alla
perdita dell’io. Ed infine la serie degli autoritratti che dolcemente
scandisono ogni gradino della sua crescita umana ed artistica.
Un capitolo importante quindi della storia dell’arte, che viene stupendamente
approfondito in questa mostra, resa ancora più affascinante da una
suggestiva ambientazione scenografica. Tutto questo a Brescia, fino al 19
marzo 2006 al Museo di Santa Giulia. Un evento davvero interessante perché
“all’arte guardiamo per crescere e migliorarci. Convinti che arte
e design, passato e futuro, siano uniti dalla medesima esigenza di arrichire
l’animo e la vita dell’uomo”.
SimoneGrasso
Cultura e spettacolo – sabato 29 ottobre 2005, ore 18.50