Incontro con Cesare Cremonini
In occasione della data numero zero del “Maggese tour”,
che ha preso il via l’ 8 ottobre dal Teatro Ventidio Basso di Ascoli
Piceno, abbiamo incontrato il cantautore Cesare Cremonini. Classe 1980, bolognese
e sopravvissuto alla fine di una boy-band pluriplatinata come i Lunapop, Cremonini
oggi si gode il successo del suo “tormentone intasa-network” Marmellata
#25, si prepara ad una sfida tanto ambiziosa quanto pericolosa: la performance
live nei migliori teatri d’Italia.
Cesare, come ci si sente al debutto di un tour e perché hai
scelto proprio Ascoli come data numero zero?
Ci si sente bene, sono in grandissima forma soprattutto perché stiamo
lavorando sodo nelle prove. La tensione è altissima, ci sono grandi
aspettative per questa tournée e ormai da tre giorni sono chiuso in
questo meraviglioso teatro, il Ventidio Basso. Anche Ascoli è una bella
città, tranquilla e rilassante e proprio per questo l’abbiamo
scelta. Ultimamente numerosi artisti preparano la data numero zero dalle vostre
parti, e secondo me , per i fruitori di musica è un’ottima occasione
per vedere uno show in anteprima. E poi suonando in città così
piccole trovi un pubblico più recettivo, che mostra più interesse
rispetto a quello delle grandi città come Bologna e Milano.
La dimensione del teatro: è la prima volta che suoni in questi
ambienti, da un lato l’artista mostra una facciata più intima
di sé, ma dall’altro ci si sente più nudi ( e più
vulnerabili ) di fronte alla platea, tu come la vivi?
Noi stiamo organizzando un concerto basato sulla comunicazione e sulla parola,
fra un pezzo e l’altro parlerò col pubblico e cercherò
di essere un intrattenitore completo. Ovviamente è difficile fare ciò
in un palazzetto o in un grande club, anche perché con me suonerà
un’orchestra inglese composta da 37 elementi, e il livello sonoro sarà
molto alto, da teatro insomma.
A proposito dell’importanza della parola, nel tuo disco riporti
una frase di Goethe: “Gli scrittori più originali dei nostri
giorni non sono quelli che portano qualcosa di nuovo ma quelli che sanno dire
cose risapute come se non fossero mai state dette”. Queste parole ti
guidano anche quando componi?
Penso che al giorno d’oggi avere la presunzione di fare musica e di
inventare cose nuove è molto ipocrita. Fra i miei colleghi in molti
si auto-definiscono portatori di aria nuova, quando invece stanno solo riciclando
qualcosa. Ritengo che i giovani d’oggi con lo scambio dei file su Internet
possano conoscere e scoprire nuovi mondi musicali, e un po’ io ho fatto
lo stesso, ricercando i suoni e le melodie che appartenevano alle band degli
anni Settanta. Non mi considero una persona che rivoluziona il modo di fare
musica, anzi, io vorrei essere un artista che scopre qualcosa che si va perdendo
e che invece è alla base della nostra cultura musicale.
Nel booklet del tuo cd, “Maggese”, scrivi: “Un disco
può essere così piccolo e allo stesso tempo contenere una vita
intera. E sono tante le persone che hanno iniziato un’era nuova della
loro vita dopo aver sentito una sola canzone. A me è successo proprio
così…”. A questo punto devo chiederti, come ultima domanda,
qual’è per te questa canzone…
Io ho sentito Bohemian Rapsody per la prima volta a 14 anni e mi sono commosso
all’idea che una poesia potesse diventare musica. Ho cambiato totalmente
la mia vita grazie a questo amore per i Queen e probabilmente se sono riuscito
a fare qualcosa nella musica è perché mi sono lasciato influenzare
terribilmente da questo amore,dimenticando tutto ciò che poteva essere
il mio futuro se non “la musica” e scrollandomi di dosso insicurezze
e dubbi.
Posso dirti una cosa? Questa domanda te l’ho fatta conoscendo
già la risposta, anche perché il tatuaggio di Freddy Mercury
che campeggia sul tuo avambraccio la dice lunga su gusti e influenze musicali…
Bhe, grazie lo stesso per avermela posta, tanto per me è sempre un
onore poter spendere delle parole sui Queen!
Domenico Marocchi
Cultura e Spettacoli, Venerdì 7 Ottobre 2005