Andrea Pazienza, mito sambenedettese
Roma – Grande mostra al Vittoriano fino al 9 ottobre
Quella di Andrea Pazienza è un’icona che frequentemente
viene associata a San Benedetto, nonostante il grande disegnatore abbia passato
gran parte della sua vita a Bologna. Qualche mese fa, a Firenze, ho incontrato
Piero Pelù, il quale, informatosi sulla mia provenienza, non ha tardato
a dirmi: “San Benedetto?! Non sai quanto mi dispiace non aver conosciuto
personalmente Pazienza!”
Andrea Pazienza è nato a San Benedetto il 23 maggio 1956. Ha vissuto
a San Severo (FG) e a Pescara, prima di trasferirsi a Bologna. Protagonista
assoluto della generazione del ’77, nata attorno al Dams del capoluogo
emiliano, Pazienza è stato il più talentuoso artista mai prestato
al fumetto, che dalle sue mani è stato violentato a tal punto da uscirne
trasfigurato. Il cattivissimo Zanardi è stato il suo personaggio più
famoso, Pompeo quello più tragico e autobiografico. Ha collaborato
con Alter Alter, Cannibale, La Repubblica, L’Unità, Comic Art.
Ha fondato Il Male e il mitico Frigidaire. Federico Fellini, Roberto Benigni,
Stefano Benni sono stati suoi grandi ammiratori oltre che amici. Andrea Pazienza
è morto il 16 giugno 1988 a Montepulciano (SI), dove si era trasferito
nell’84, ucciso, come molti della sua generazione, da un’overdose
di eroina.
Lo scorso 17 settembre si è inaugurata al Vittoriano di Roma una grande mostra dedicata a “Paz”. Curata dalla sorella di Andrea, Mariella, e da Vincenzo Mollica, la mostra resterà aperta fino al 9 ottobre. Il catalogo, con in copertina uno straordinario ritratto di Tom Waits del 1986 (nella foto), è edito da Fandango e ha una prefazione di Roberto Benigni.
Le parole di Benigni illuminano la bellezza del gesto, dell’ardire e del vivere folle di Andrea: “Andrea Pazienza era l’albero del paradiso. Ci ha fatto intravedere la bellezza e poi ha chiuso tutto, però ci ha lasciato dei frutti proibiti e noi ce li siamo mangiati, li abbiamo assaporati… Era il capostipite di una grande scuola che non ha avuto poi nessun allievo prediletto perché era inimitabile, un talento irripetibile. Tutti dicono che era michelangiolesco, ma Andrea Pazienza apparteneva molto di più alla scuola di Giotto e di Masaccio; aveva la forza e la rudezza del Masaccio e l’invenzione di Giotto… Mi piaceva tanto la sua cattiveria e la sua forza; graffiava e non era mai melenso. Quando c’era il sublime era sempre sorvegliato dal comico. Gli sono attaccato come si è attaccati ad un amico, ci siamo visti tante volte e ci si voleva bene senza mai chiederci il perché, come le cose più belle. Era una gioia averlo accanto, tra noi eravamo sempre in stagione di fioritura.”
Pierluigi Lucadei
Cultura e spettacolo – martedì 20 settembre 2005, ore 9.43