“La solitudine che tu m’hai regalato…”
Addio a Sergio Endrigo

Sergio Endrigo è morto a Roma mercoledì 7 settembre all’età di 72 anni. Era malato da tempo e aveva vissuto gli ultimi anni nell’oblio, troppo sensibile e garbato per un paese che fa sempre presto a gettar via la bellezza. Aveva provato a raccontare la sua disillusione nel romanzo, provocatorio sin dal titolo, “Quanto mi dai se mi sparo?”, dopo l’isolamento in cui l’aveva relegato l’industria discografica. Senza perdere mai la gentilezza e la dignità del grande uomo.

Endrigo fece parte di quella magnifica schiera di giovani di talento che, innamorati dei grandi cantautori francesi da Brel a Ferrè, rivoluzionò la scialba musica leggera italiana agli inizi degli Anni Sessanta. Con Gino Paoli, Luigi Tenco, Giorgio Gaber, Umberto Bindi, Bruno Lauzi ed Enzo Jannacci, portò la canzone d’autore ad un livello più alto, dove era possibile rivivere le emozioni della vita vestite di nitida poesia. L’amore il tema più cantato, spesso virato alla malinconia, ma non solo. “Io che amo solo te”, “Te lo leggo negli occhi”, “Teresa”, “Viva Maddalena”, “Anch’io ti ricorderò”, “Aria di neve” sono solo alcune delle tante splendide canzoni scritte da Sergio Endrigo. Senza dimenticare “Canzone per te”, con la quale vinse il Festival di Sanremo nel 1968.
Poeta crudo e triste, non disdegnò viaggi nella musica brasiliana e nel teatro. Ha cantato poesie di Rafael Alberti, Josè Mari e Pier Paolo Pasolini. Ha ispirato tanti cantautori venuti dopo di lui e anche tra i giovani talenti di oggi, da Morgan a Capossela, parecchi sono quelli che gli sono debitori.

“E’ stato tanto grande e ormai/non sa morire/per questo canto e canto te/la solitudine che tu m’hai regalato/io la coltivo come un fiore” (Sergio Endrigo, 1933-2005).


Pierluigi Lucadei


Cultura e spettacolo – giovedì 8 settembre 2005, ore 22.15