“Tosca” scandalo allo Sferisterio
Scene di nudo sul palco dividono pubblico e critica

Scoppiettante! Era da tempo che il pubblico dello Sferisterio non si dimostrava così vivo e contemporaneamente così diviso alla fine di un’opera. Dopo la pesantezza del “Don Carlos” e la buona riuscita dell’ “Andrea Chenier” la “Tosca” ha regalato emozioni forti ad uno Sferisterio in versione “tutto esaurito”.
La serata si è aperta in grande stile con un lancio di volantini dal loggione con su scritto “Giacomo Puccini-Tosca-La grande opera italiana”. Così non era successo a nessuna delle due rappresentazioni precedenti, segnale che ci si stava preparando a qualcosa di eclatante.
L’opera andò in scena per la prima volta a Roma, presso il Teatro Costanzi, il 14 gennaio 1900 per la regia di Tito Ricordi. La stampa criticò la crudezza del libretto, sottolineando, però, la vena lirica dell’autore. Di ben altro avviso il pubblico che nelle venti repliche successive riempì il Costanzi.
La bravura del regista Antonio Latella è stata quella di fare quel che è stato un segno distintivo del grande compositore Toscano: riuscire a fissare fin dall’inizio in modo infallibile, l’atmosfera e il colore drammatico di un’azione teatrale. La messa in scena nelle opere di Puccini potrebbe anche non essere necessaria in quanto questa si materializza nell’immaginazione dello spettatore al primo risuonare della musica. Ciò è stato compiuto da Latella con una scenografia imponente, ma mai esagerata. Un trionfo di centinaia di bicchieri di cristallo hanno regalato al palco brillantezza ed ariosità e l’assoluta mancanza di quinte ha fatto si che gli attori quasi tendessero la mano al pubblico, come per coinvolgerli nel dramma che loro stessi stavano vivendo.
A questo Latella ha aggiunto un elemento nuovo che ha fatto gridare allo scandalo i puritani della lirica e molti dei benpensanti presenti. L’opera nella sua versione originale si ambienta a Roma nel XIX secolo tra la chiesa di Sant’Andrea della Valle e Castel Sant’Angelo. Il regista ha così pensato di trasmettere la religiosità di cui l’opera è pregna affiancando ai personaggi reali un gruppo di ballerini che rappresentavano la Vergine con tredici angeli. All’inizio del terzo atto la Madonna ha dato alla luce i tredici angeli che, nudi, sono rotolati dentro delle palle cristallo, ben attenti a non far scorgere le proprie pudenda. Alla fine del parto anche la Vergine rimane nuda sul palco, ma, chiaramente, il gioco di luci ha fatto in modo che poco o nulla si scorgesse. Un bellissimo nudo artistico. Di ben altra idea parte del pubblico, che, come ci ha rivelato la soprano alla cena post-rappresentazione, ha emesso un lungo suono come di chi si appresta ad andare in apnea. A noi questa trovata ha fatto impazzire. Probabilmente perché siamo partiti senza preconcetti, ma solo con l’idea di gustarsi la Tosca in una languida serata d’estate. Opinione diversa da parte di chi , invece, è partito con l’idea di voler vedere la Tosca originale, classica. Mentre le critiche provenienti da costoro possono essere giustificate, seppur non condivisibili, i fischi finali di chi si è sentito offeso per avere visto uomini e donne nude sul palco ci ha fatto letteralmente vergognare di essere allo Sferisterio con loro. Se la vista di un pene o di una vagina crea problemi, esiste evidentemente qualcosa di più grave. Nulla, però, che qualche bravo psicanalista amante di Freud non potrebbe risolvere con poco.
Non solo. Nei cartelloni è stato indicato che ci sarebbero state delle scene di nudo. Una sorta di bollino rosso post-televisivo, che, messo così, ha avuto solo l’effetto di solleticare la mente di qualche adolescente.
Una critica, però, ce la sentiamo di muovere anche noi. Le voci degli attori non sono state eccezionali. In particolar modo quella del tenore Alberto Jelmoni ci ha fatto rimpiangere il “E lucevan le stelle” cantato da Placido Domingo una ventina di anni fa, che dopo una stecca ha chiesto scusa ed ha ricominciato mandando il delirio il pubblico di allora. Capiamo che i cachet dei grandi tenori di oggi possono arrivare a cifre da capogiro, ma poi non ci dobbiamo lamentare se l’Arena di Verona andrà sempre meglio e noi, ahimè, sempre peggio.
Infine una domanda: perché la stagione lirica non si è aperta con questa opera? Sarebbe stata l’anima delle discussioni di questa calda estate maceratese e avrebbe fatto da volano per richiamare altro pubblico. È ora che chi ha preso certe decisioni le inizi a pagare, per il bene degli amanti della lirica, dello Sferisterio e di Macerata.

Armando M. Corsi

Cultura e Spettacolo – Martedì 16/08/05 – 15:00