Canzoni d’amore davanti allo specchio
Intervista ai Perturbazione
Sono tra i protagonisti di questa straordinaria stagione del rock italiano, grazie ad un album splendido, “Canzoni allo specchio”, ultima tappa di un percorso artistico affascinante che già nel 2002 aveva prodotto un gioiello come “In circolo”. I Perturbazione vengono da Rivoli, alle porte di Torino, e in questi giorni sono in giro per l’Italia col loro tour pieno di ironia e di emozioni che colpiscono al cuore. Abbiamo incontrato Gigi Giancursi, chitarrista ed autore della band.
Come sono nati i brani di “Canzoni allo specchio”?
Dopo “In circolo” ci siamo fermati a guardarci in faccia. Volevamo
concepire un disco da zero, scrivere almeno una ventina di pezzi e farli giocare
tra loro. Ne sono venuti fuori sedici molto buoni, con una linea comune. Il
titolo è venuto da solo, siamo adulti e non dobbiamo aver paura di
metterci di fronte ad uno specchio, e rappresenta bene le dodici canzoni che
alla fine sono finite sul disco.
Il disco è stato prodotto artisticamente da Paolo
Benvegnù, come è stato lavorare con lui?
Lavorare con lui è stato molto bello! Ci siamo incontrati per la prima
volta al MEI 2003, poi ci siamo visti diverse altre volte in occasione di
alcuni concerti nella nostra zona, così abbiamo avuto anche modo di
parlare e conoscerci. E’ venuto naturale affidarci a Paolo per “Canzoni
allo specchio” e ora posso dire che è stata un’esperienza
davvero bella. Certo, ci sono stati anche degli scontri, ma quello è
normale, soprattutto quando capita di convivere per quaranta giorni.
Con “Canzoni allo specchio” avete cambiato
casa discografica, siete approdati alla Mescal, che è un’etichetta
indipendente importante ed è distribuita Sony. Cosa ha comportato questo
cambiamento?
Il cambio di casa discografica da un lato è stata una scelta sofferta,
dall’altro era qualcosa che sentivamo di dover fare. Rimanere con Santeria
ci avrebbe dato la sensazione di non esserci mossi, mentre noi volevamo portare
la partita ad un altro livello. Tutto si è svolto in maniera estremamente
corretta, un giorno siamo andati direttamente da Santeria annunciando, a malincuore,
che avremmo vagliato altre possibilità. Alla Mescal inizialmente ci
eravamo rivolti per il booking e ora che è diventata la nostra etichetta
sono molto contento, anche se parlare di indie è improprio, è
una grande casa discografica con una grande distribuzione, come dicevi tu.
Tra l’altro la vostra nuova etichetta ha un catalogo
di tutto rispetto e ha pubblicato alcuni dischi che hanno fatto la storia
del rock italiano. Ce n’è uno che ritieni più importante
di altri?
A me piacevano i Massimo Volume. Se devo dire un album, “Da qui”.
Riguardo gli Afterhours, posso raccontarti che ad un concerto ero sotto il
palco ed ho urlato a Manuel Agnelli “Bastardo, vai a lavorare!”,
non mi piaceva, lo trovavo spocchioso, anche se non è assolutamente
così. Poi l’ho riscoperto e quando mi ci sono trovato faccia
a faccia ho confessato. Lui è uno che si porta sulle spalle il fardello
del rock italiano.
Nel vostro album i temi portanti sono la perdita dell’amore
e il tentativo di metabolizzarne l’assenza. Può essere definito
un concept?
Non avevamo concepito il disco come un concept, poi abbiamo scoperto che le
canzoni erano legate. Certo, non pensavamo di poter scrivere canzoni d’amore
come abbiamo fatto, ma posso dirti che non è facile scrivere canzoni
di questo tipo senza essere banali. L’amore è una fonte inesauribile
di ispirazione e un argomento che ‘tocca’.
In “Spalle strette” cantate “meglio
le spalle strette, pochi ricordi si posano addosso”, ma questo non sarebbe
la fine dei Perturbazione, le cui canzoni traggono spesso ispirazione dalla
rimembranza?
Il testo di “Spalle strette” l’ha scritto Tommi (Tommaso
Cerasuolo, il cantante, ndr), ed è uno dei pochi testi dei Perturbazione
che nascono da un’esperienza indiretta. Una ragazza gli ha raccontato
una storia e lui ne ha fatto una canzone. In realtà spesso parliamo
del passato, ce l’hanno fatto notare diverse volte, ma questa è
una cosa necessaria per ricapitolare e vedere dove si è arrivati.
Secondo me la canzone più bella del disco è
“A luce spenta”, sei d’accordo o hai un altro brano preferito?
Per “A luce spenta” io e Paolo Benvegnù abbiamo battagliato
a lungo col resto del gruppo per renderla più corta e farne un singolo.
La versione finale le ha tolto potenzialità, quindi per me “A
luce spenta” è un’occasione mancata. Questa è un’opinione
personale, se parli con qualcun altro del gruppo ti dirà il contrario.
Una canzone preferita non ce l’ho, a me piacciono tutte.
“A luce spenta” è un duetto. Da ascoltatore
sei attratto dai duetti? E puoi dirmene uno particolarmente riuscito?
Mi cogli impreparato. Così, all’improvviso, ti direi “Shiny
happy people”, ma, in linea di massima, mi piace quando persone di estrazione
artistica diversa si mettono a fare qualcosa insieme.
Cosa servirebbe ai Perturbazione per sfondare in classifica?
Non lo so. Forse che il nostro mondo ideale coincidesse col mondo fuori. Ma
credo che sia impossibile dire cosa ci voglia per scalare le classifiche.
In questo i R.E.M. sono emblematici quando dicono che non si sarebbero mai
aspettati che “Losing my religion”, un pezzo coi mandolini, finisse
in classifica e addirittura diventasse il loro più grande successo.
Cosa mi puoi dire della scena musicale piemontese, che
al momento sembra una delle più importanti della Penisola? Di recente
avete anche collaborato con i Chomski, altro gruppo della vostra zona…
Dovresti sentire i Marcilo Agro & il Duo Maravilha, un gruppo di Novara
con due chitarre acustiche e voce, hanno un suono simile ai Kings of Convenience,
sono molto bravi. Poi, sì, ci sono i Chomski, i Gatto Ciliegia, che
sono amici. In generale, c’è un gran serbatoio di persone che
suonano da cui vengono fuori tanti gruppi.
E’ vero che volevate andare a Sanremo?
Sì, abbiamo provato ad andarci una prima volta tre anni fa. Quest’anno
volevamo presentarci con “Se fosse adesso” ma neanche stavolta
ci hanno cagato. Sarebbe una cosa intrigante suonare con l’orchestra.
Per chiudere, puoi dirmi un pensiero su “Agosto”,
una canzone incredibile, che, non a caso, vi ha permesso, un paio d’anni
fa, di avere una certa visibilità?
Il giro di chitarra di “Agosto” l’avevo scritto quando ancora
non avevo una chitarra elettrica, a diciassette anni. Lo riproponevo di tanto
in tanto finché un giorno è arrivato Tommi col testo di “Agosto”,
io ho tirato fuori il mio giro e in pochissimo tempo abbiamo messo insieme
la canzone. Fa sempre un certo effetto eseguirla in concerto, quando parte
il giro e dal pubblico arriva una specie di boato.
Leggi la recensione di “Canzoni allo specchio”: http://www.ilmascalzone.it/re92.htm
Pierluigi Lucadei
Cultura e spettacolo – venerdì 6 maggio 2005, ore
18.00