“L’amico degli amici”
La storia “censurata” del processo Dell’Utri
Siamo ormai abituati a considerare i libri di Gomez e Travaglio
come spine nel fianco del potere e dei media normalizzati italiani, una sorta
di controinformazione che ad ogni uscita ci permette di conoscere fatti e
documenti scomodi, ovvero ciò di cui non sentiremo certo parlare nella
“terza camera del nostro paese”, come è stato ribattezzato
il salotto televisivo di Bruno Vespa.
“In un paese normale sarebbe sacrosanto discutere di certe cose…”
è quello che ci si sente ripetere dagli autori, del resto venire informati
su accuse tanto gravi a carico dell’ex braccio destro dell’attuale
premier è sicuramente quanto di più naturale ci si aspetti almeno
dal servizio pubblico; in Italia però stiamo assistendo da anni a una
sorta di consegna del silenzio, dimostrata da come del processo a un senatore
della Repubblica nonché membro del Consiglio d’Europa la gente
sappia pressoché nulla.
Partiamo dal fondo: sentenza di condanna in primo grado a nove anni per concorso
esterno in associazione mafiosa, corroborata testualmente dal fatto che un
politico sia “…al servizio di Cosa Nostra…” e di cui
siano stati accertati rapporti con noti boss mafiosi per anni (con il pluricondannato
Mangano addirittura fino al 1993). Ciò scatenerebbe un terremoto politico
in un paese democratico, ma nel Bel Paese suscita dichiarazioni di stima (
I sensi più profondi di stima e amicizia – Pier Ferdinando Casini)
e indifferenza (Le sentenze non si commentano – Massimo D’Alema).
Eppure questo processo è diverso dagli altri, è più solido
perché si basa su dati di fatto di cui si chiede conferma ai pentiti
e non su dichiarazioni di collaboratori di giustizia a cui si cerca riscontro.
Ciò significa che alcuni eventi sono stati accertati e rappresentano
una macchia, perlomeno da un punto di vista politico e morale, se non ancora
definitivamente su un piano penale. La contiguità con l’associazione
mafiosa rappresenta, per i giudici di Palermo (che secondo Berlusconi “scherzano
con il fuoco”), una costante dell’onorevole Dell’Utri, che
funge da interlocutore privilegiato di Cosa Nostra per quanto riguarda Milano
e in particolar modo il gruppo Berlusconi.
Le continue attestazioni di ammirazione nei confronti di Dell’Utri ("Devo
dire che sono veramente ammirato del profilo personale e culturale di Marcello
Dell'Utri" – Alfredo Mantovano, sottosegretario all'Interno, An,
Espresso Sud n.5, maggio 2003), soprattutto da parte di politici, non hanno
altro effetto se non quello di screditare l’azione della magistratura
e di contribuire al clima di leggerezza morale riguardo alla cosa pubblica
che contraddistingue il nostro paese. Il resto lo fanno i mezzi di informazione
(o di disinformazione?), che testimoniano sempre più come oggi la televisione
(specialmente) sia occupata dalla maggioranza di turno e non costituisca più
l’organo di controllo indiretto della politica, cosa che avviene nei
paesi autenticamente liberi e democratici.
Francesco Serafini
Cultura e spettacolo – venerdì 6 maggio 2005, ore 11:29