“Senza Patricio”: storie di speranze,di attese,di affetti.
Walter Veltroni racconta e si racconta
Dopo aver cacciato dall’oblio uno straordinario musicista
come Luca Flores, Walter Veltroni volge la sua attenzione ad una ‘terra
malinconica e triste….con l’anima appesa al tempo’: l’Argentina.
E lo fa proponendo cinque storie racchiuse nella sua ultima fatica letteraria:Senza
Patricio.
Opera che il primo cittadino di Roma ha presentato al pubblico nei giorni
passati e che già ha venduto oltre cinquantamila copie.
Cinque storie argentine, appunto, che prendono il via da un caso fortuito:
un graffito, che lo stesso Veltroni intravede su di un muro durante una sua
visita a Buenos Aires, e composto da quattro semplici parole: ‘Patricio
te amo. Papà’.
Così l’autore cerca di trovare un perché a questo graffito.
Il perché un padre cerca di comunicare il suo affetto tramite uno strumento
così insolito. Un perché al quale tenta di dare una risposta
costruendo semplici eppur intense storie d’amore: dal padre che sa di
avere un figlio e consapevole di non averlo mai potuto o voluto conoscere,
al tema della lontananza, passando attraverso la storia di un adolescente
pieno di sogni e di speranze nonostante l’assenza del padre che lo ha
abbandonato. E di fatti, come afferma lo stesso autore, questo è un
libro sull’assenza, sul vuoto esistenziale (individuale e collettivo)
che scaturisce dalla mancanza di affetti, di valori veri, di un senso alla
propria vita. Un vuoto che però è anche storico, che ha costretto
e costringe tuttora l’Argentina alla precarietà. Tema questo,
anche autobiografico, in quanto lo stesso Walter, come alcuni ragazzi delle
sue storie, si trovò di fronte ad un evento così struggente
come la morte del padre in giovane età. “E’ come se non
l’avessi mai conosciuto, ma con il passare del tempo ho capito però
che quello che più mi dispiace è che non ho neanche una foto
con lui. Per cui le nostre vite è come se non si fossero mai incontrate”.
Un racconto di grandi speranze: quelle di una vita felice e di un futuro migliore;
quelle del ritorno di un padre o di un figlio perso o mai conosciuto. Una
speranza di cui si fanno portavoce soprattutto i ragazzi, sempre pieni di
grandi sogni, di tante illusioni che fungono da ‘cari compagni della
verde etade’, della ‘stagion lieta’. Speranze che però
tendono poi a perdersi, a schiantarsi contro il muro della vita, quando si
passa dall’età della giovinezza a quella dell’ ‘arido
vero’.
“La cosa che mi fa più piacere” afferma Veltroni “
sono le numerose lettere di ragazzi che hanno dichiarato di aver letto e di
essersi riconosciuti nel mio libro”, confessando le loro attese, le
loro paure, i loro dolori. “Sono i ragazzi della società moderna.
Ragazzi che hanno tutto ma che sono soli e che portano dentro una domanda
di senso. Ragazzi che cercano nell’immaginario quello che non trovano
nel reale”.
Tanto interessante quanto lucida l’analisi che il sindaco romano propone
del mondo giovanile. Analisi che poi si estende al nostro tempo, alla nostra
realtà fluida, dove tutto scorre e passa con la stessa rapidità
con cui compare. Una realtà in cui non c’è spazio per
la riflessione, per il pensiero, in cui tutto è frenesia.Un mondo dove
tutti vogliono far tutto e nella maniera più veloce possibile. Perché
poi c’è un altro impegno da sbrigare. A tal proposito l’ex
direttore de “L’Unità” cita un’espressione
africana che ben sintetizza ed esprime questo mondo occidentale, “Voi
avete l’orologio, noi abbiamo il tempo”. D’altra parte basta
andare in una delle tante città italiane per rendersi conto dell’ampiezza
di questo fenomeno. E Veltroni lo sa benissimo quando fa notare, in maniera
ironica, che in una città come Roma che ospita circa due milioni e
mezzo di persone ci sono due milioni di autoveicoli.
Un libro, quindi, che presenta molti “tratti malinconici”, in
quanto condensa i temi dell’assenza, dell’attesa. Ma un libro
che allo stesso tempo è “sereno” perché in fondo
trapela nei personaggi la voglia di cercare, di non rimanere immobili, di
camminare, di trovare una speranza. Nella convinzione che in tutti noi si
pone e si deve porre la necessità di cercare l’estate, così
come fa il ragazzo del terzo racconto. Ed è lo stesso autore, al termine,
a riassumere e dare il senso di tutte queste storie: “si può
cercare anche quello che non c’è, perché ciò già
equivale a trovarle”. Questo è Senza Patricio.
Simone Grasso
Cultura e Spettacolo - sabato 13 novembre 2004 - ore 21,11