Le vacanze di oggi, le vacanze di ieri


L’estate è vicina e cresce la voglia di mare. Una moda sempre più imperante che risale ad appena un secolo fa. Com’era un tempo l’usanza di “andare al mare”? Vediamo cosa avveniva a San Benedetto del Tronto.
E’ la fine del 1800 e la vita balneare si concentra sul mare anziché sulla sabbia. Gli stabilimenti sono delle piccole penisole che hanno lo scopo di rendere la cura cioè l’immersione nell’acqua. Nello stesso tempo provvedono ad allontanare i bagnanti dagli sguardi, a salvaguardare il pudore, a nasconderli. Spesso le cabine hanno sul fondo una botola, che permette di calarsi in mare senza nemmeno uscire dalla porta dalla quale si è entrati. La regola vuole che gli spogliatoi per uomini e donne siano accuratamente divisi così come gli spazi di balneazione, ma a volte quando gli spogliatoi degli uomini sono occupati questi possono passare, con approvazione del direttore, dalla parte delle signore. Il mare è come una medicina: non si deve esagerare non ci si deve affaticare. Si villeggia. Solo con l’entrata del nuovo secolo si comincia a parlare di vacanza. E se la villeggiatura è riposo, la vacanza è esattamente l’opposto. L’Ottocento ha celebrato le qualità sanatrici dell’acqua e del bagno di mare. Il Novecento si spinge più in là e il divertimento è il movente principale della villeggiatura. L’utilizzazione degli arenili prende corpo mano a mano che la scienza medica stempera i propri furori balneoterapici a vantaggio di un sinergismo terapeutico che combina mare, aria e sole. La costruzione dei primi capanni disposti in fila parallela al mare, sulla spiaggia, così come l’installazione di punti d’ombra, segna i nuovi confini della vita balneare.
La cura della spiaggia e l’affitto degli ombrelloni si diffonde intorno al 1910 ed è un lavoro svolto soprattutto dalle donne sambenedettesi. Benedetta Torquati, scomparsa qualche anno fa a novantaquattro anni raccontava «Mia sorella Luigina faceva la bagnina. Aveva acquistato sette cabine in legno da una donna detta “tracca e mulla”. Luigina svolgeva il suo lavoro aiutata da mia madre Maddalena e lo “stabilimento” era in direzione della Rotonda. Per una stagione affittando ombrelloni e sdraie si guadagnava cento lire. Era un lavoro fatto poveramente: c’erano tende appoggiate su quattro pali, gli ombrelloni, le sdraie, più un secchio pieno di bibite, gassose aranciate e ghiaccio». Ora le cose sono cambiate ma i sambenedettesi, oggi come allora, preferiscono il mare d’inverno quando se ne riappropriano e tornano ad ascoltarlo come recita la scultura, opera di Nespolo, posta all’inizio del lungomare: “lavorare, lavorare, lavorare, preferisco il rumore del mare”.

Nicoletta Amadio

Cultura e Spettacoli, 2004-05-31