Charles Mingus, l’uomo dalle tre identità …
S. Benedetto T. - Bitches Brew, secondo appuntamento con la storia del jazz

«Se questa sera fosse stato presente Charles Mingus era possibile che non salutasse affatto. Avrebbe magari rivolto qualche epiteto assai poco urbano, seguito da un sarcastico “Oh Yeah”». E’ con queste parole che, venerdì 26 marzo 2004, Rodolfo Dini, studioso di jazz e responsabile del Centro multimediale Pianeta Musica del Comune di San Benedetto del Tronto, ha aperto il secondo appuntamento della rassegna “Africa/Sacro/Diritti Civili. I mondi di Duke Ellington, Charles Mingus, John Coltrane”, organizzata dall’Associazione culturale Bitches Brew di San Benedetto del Tronto, presso l’Hotel International (Lungomare Rinascimento, 42), dedicato ad uno dei giganti della musica jazz: il contrabbassista e compositore Charles Mingus.
L’espressione descrive al meglio il mutevole e complesso carattere dell’artista che Dini ha definito come «una delle personalità artistiche più contraddittorie, tormentate e di disarmante potenza del secolo appena trascorso». E la sua musica con la quale egli cercava di esprimere chi fosse veramente, non poteva essere altrimenti. «(…) Ma è difficile» diceva Mingus «perché io cambio in continuazione». Secondo Dini egli voleva , attraverso una musica «dall’incredibile vastità e varietà di orizzonti espressivi», conquistare la più alta libertà di espressione per sé e per gli altri. Interessante e inaspettata è stata la rivelazione fatta da Dini in merito alle preferenze musicali di Mingus e cioè che, per lungo tempo, il suo musicista preferito era stato, Richard Strauss il cui poema sinfonico “Morte e trasfigurazione” e in generale tutta la poetica espressionista del primo novecento, avevano lasciato in lui un’impronta indelebile. La grandiosità e il cromatismo contorto dei poemi straussiani evocavano in lui il suo tormentato mondo interiore che lo faceva sentire, per il fatto di essere di sangue misto (era figlio di un nero/giallo e di una pellerossa), “peggio di un bastardo”. E’ come se fosse stato un diverso tra i diversi e questa condizione aveva influenzato molto il suo carattere rendendolo, come amava definirsi, “un uomo dalle tre identità”: remissivo, dolce, collerico e intimamente antirazzista. Ma chi era allora Charles Mingus? Nato nell’aprile del 1922, quindi coetaneo a Charlie Parker, sarebbe potuto appartenere alla generazione dei “boppers”. “Certamente” ha sostenuto Dini “il bop e Charlie Parker avevano avuto, anche se con un certo ritardo, un’influenza forte sul problematico compositore contrabbassista e riguardo Parker, ne era stato influenzato non tanto dal punto di vista lessicale quanto da quello etico-politico riguardante la libertà dell’artista”. Si potrebbe allora tentare di definirlo un artista jazz, ma anche ciò è riduttivo perché Mingus interpretò la sua musica “non come un gioco raffinato per certi versi estetizzante e celebrale” ha affermato Dini “ma per produrre (…) urti timbrici, dissonanze (…) il tutto al servizio di un discorso dai forti connotati espressionisti e decisamente ancorato alla tradizione nera cioè al blues al rhythm and blues al gospel”. Potrebbe far parte dell’hard-bop, ma anche se ci furono molti elementi che lo accomunarono a questo stile musicale (il richiamo alle radici africane ad esempio) se ne distinse per la sua apertura all’indeterminato, all’aleatorio ma non come un esponente del free jazz in quanto Mingus convogliò “la libertà del solista” ha precisato Dini “dentro un percorso formale espressivo molto preciso”. In realtà Mingus accolse in sé buona parte di questi elementi e li inserì in strutture spesso estremamente innovative a dimostrazione, che la storia del jazz, come è emerso fin dal primo incontro non può seguire un percorso lineare e schematico. Anche per Mingus così come è stato fatto nel precedente incontro per Duke Ellington (che fu il suo idolo ed ebbe un’ascendenza molto forte sulla sua opera), è stata analizzata l’influenza che l’eredità africana, il sacro e l’impegno socio-politico hanno avuto nella sua musica. Ad esempio in Pithecanthropus Erectus (primo pezzo ascoltato) del 1955, Mingus “trasmigra in terra d’Africa” ha affermato Dini “assieme alla sua creatura il Pithecanthropus Erectus appunto”. Il brano è una suite strutturata in quattro fasi che raccontano il cammino del primo animale che si è eretto ossia: l’evoluzione, la presa di coscienza della superiorità, il declino e la distruzione dell’uomo. E’ un brano assolutamente improvvisato ma è così che Mingus interpretava il jazz. Egli aborriva la musica confezionata e nelle note di copertina del disco aveva affermato “Io scrivo le composizioni ma solo su un pentagramma mentale. Quindi dispongo le parti per i musicisti suonando loro la struttura al pianoforte (…); gli esecutori hanno un insieme di diverse note da usare su ogni accordo, ma poi scelgono le loro note e le suonano nel loro stile (…). In questo modo ho scoperto il gusto del mio modo di comporre e di consentire ai musicisti una maggiore libertà individuale nella creazione delle loro melodie di insieme e di assolo”. Ma l’Africa ebbe per Mingus una valenza diversa rispetto a Duke Ellington. Secondo Dini, Mingus filtrò l’eredità africana attraverso la mediazione ispanico-caraibica e ciò lo si ritrova nello stile del brano fatto di sospensioni del flusso degli accordi attraverso l’uso sistematico dell’accelerazione e del rallentamento con improvvisazioni che sembrano anticipare il free jazz. Un ponte insomma tra quello che era stato il passaggio dal be-bop, ormai vecchio e superato per Mingus, per andare oltre ed anticipare il percorso che in seguito avrebbe preso il jazz.
“Wednesday Night Prayer Meeting”, secondo brano ascoltato, narra di un raduno all’aperto dove migliaia di fedeli si davano appuntamento per festeggiare e pregare. Ma come aveva fatto Mingus con un gruppo, in questo caso di appena sei persone, a cogliere dal punto di vista musicale, la componente comunitaria? Vi era riuscito benissimo infrangendo una serie di norme non scritte del jazz post bellico come: l’ingresso casuale degli strumenti durante l’introduzione del contrabbasso che ricreavano le voci del predicatore mentre intonava il suo discorso tra il mormorare della comunità, e con assoli, come quello del sax tenore Booker Ervin, che dovevano rappresentare la messa in scena di un rito battista in cui ad un certo punto un credente si staccava dal gruppo per testimoniare, con tutto il suo corpo, la fede che lo aveva salvato. Ed il predicatore era proprio lui che “con la voce” ha spiegato Dini “dettava i passaggi, incitava i solisti, dava forza strutturante a questa ribollente trama polifonica”.
Diventò portavoce della comunità nera, invece, nell’ultimo brano ascoltato, “Haitian Fight Song” del 1957 che rappresenta un canto di battaglia dedicato ad Haiti, terra delle Antille, dove gli schiavi avevano fondato nel 1804 la prima repubblica nera della storia che purtroppo ebbe vita breve e fu soppressa. “Un vero miracolo” come lo ha definito Dini è, in questo brano, l’assolo del contrabbasso, la cui importanza è rivendicata dallo stesso Mingus che dice “l’assolo che io prendo in questo pezzo, è frutto di una piena concentrazione. Non posso suonarlo nel modo giusto se non penso al pregiudizio, all’odio, alla persecuzione”.
La serata si è conclusa con un video che ha ripercorso le tappe più importanti della vita artistica di Mingus attraverso le testimonianze di artisti, critici e autori che hanno collaborato con lui; attraverso la sua voce e quella della moglie Sue Graham una giornalista bianca che dopo la morte di Mingus avvenuta nel 1979 per una forma rara di sclerosi, ha fondato il Charles Mingus Institute e accompagna in giro per il mondo la Mingus Big Band; attraverso la sua musica: da Sue’s Changes a Epitaph passando per Better Get Hit in Your Soul, Goodbye Pork Pie Hat, Peggy’s Blue Skylight, So Long Eric, Weird Nightmare, Meditations on Integration.
Il prossimo appuntamento è per giovedì 1° aprile 2004 alle ore 21,30 con l’ultimo artista previsto dalla rassegna: l’indimenticabile sassofonista John Coltrane.


Nicoletta Amadio

Cultura e Spettacoli, 2004-03-31