VINAR
Firenze tra vino, arte e architettura

Il successo è stato grande per la mostra multisensoriale dedicata all’esplorazione del vino e delle arti comunicative, prima fra tutte l’architettura; la Stazione Leopolda di Firenze, già teatro delle più suggestive manifestazioni culturali alternative, ha visto per tre giorni una sorprendente partecipazione di pubblico, nel cuore della terra dove il vino di qualità è ormai considerato uno status symbol.
L’idea di Federico Motta Editore e di Pitti Immagine ha creato uno spazio altamente suggestivo, che grazie all’opera di Archea Associati ed Agnese Mazzei ha inteso far rivivere le atmosfere, gli odori, i colori delle cantine e del mondo del vino.
Col fiato sospeso ha lasciato l’enorme salone di profondità che ha visto da un lato 25 tini luminosi sospesi su un letto di 300 barriques, dall’altro un tavolo di luce lungo 100 metri, su cui erano scanditi cilindri di vino riempiti; sullo stesso venivano offerti in degustazione i migliori vini della terra toscana, tra cui particolare menzione va al Morellino di Scansano 2003-Massi di Mandorlaia e al Brunello di Montalcino 2000-La Palazzetta.
Una atmosfera davvero unica si è respirata nello spazio Alcatraz, dove un pavimento frusciante di foglie autunnali introduceva ad una istallazione video, attraverso cui Dimitris Kozaris presentava il suo affresco multiforme sul vino, un collage di frammenti del grande cinema che andavano dalle performance di Totò a “Una pallottola spuntata…”.
Un pò deludente l’istallazione “5 luoghi per i sensi” di Paolo Fiumi, in cui i luoghi che dovevano regalare stimoli reattivi per gusto, vista, tatto, udito e olfatto, non hanno mediato nel modo atteso l’esperienza tra il vino e i sensi, ma hanno semplicemente creato dei banali collegamenti, con l’unica eccezione della sensazione tattile.
Di forte impatto è invece stato il susseguirsi sui due maxi schermi delle mastodontiche immagini delle grandi cantine d’autore, frutto del genio architettonico dal 1990 al 2005: dalla “Cave les Pierres Plantees” (Vauvert, Francia-1996) di Gilles Perraudin alla “Cantina Petra” (Suvereto, Livorno-2003) di Mario Botta, un alternarsi dei materiali più diversi nelle forme e negli stili più eclettici, a partire da colonnati di pietra fino a piccole assi in legno che danno forma a edifici di centinaia di migliaia di metri cubi, per la gioia dell’occhio dei visitatori.
L’auspicio, come per Vinar, è naturalmente quello di offrire sempre nuove occasioni che avvicinino vino e architettura, la quale particolarmente in Toscana ha plasmato il territorio, nella speranza di un nuovo fervore che inserisca il vino nell’architettura e l’architettura nel paesaggio.

Francesco Serafini


Cronaca – lunedì 24 ottobre 2005, ore 10:32