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-GRANO DURO, LA PRODUZIONE 2005 IN CALO DEL 36%
-Rapporto annuale 2003 agricoltura Marche, Petrini: “Utili indicazioni
per la programmazione regionale”.
-GRANO DURO, LA PRODUZIONE 2005 IN CALO DEL 36%
FIRMATO UN ACCORDO INTERPROFESSIONALE ASSOCETRA PER GARANTIRE LA SOPRAVVIVENZA
DEL SETTORE CEREALICOLO
La produzione 2005 di grano duro marchigiano diminuirà del 36% rispetto
al 2004. Lo affermano le previsioni di Coldiretti Marche, mentre nelle campagne
si stanno ultimando le operazioni di trebbiatura. Dai 5.900.000 quintali dello
scorso anno, si passerà dunque a 3.700.000, mentre la superficie coltivata
è passata da 140mila ettari a 105mila. Un risultato dovuto a una serie
di fattori, dalla riforma della Politica Agricola Comune al crollo dei prezzi
all’origine, ma che pone comunque l’esigenza di un’azione
in grado di garantire la sopravvivenza del settore. A tale proposito tutte
le componenti della filiera cerealicola hanno firmato ieri un accordo interprofessionale,
uno dei primi a livello nazionale, sotto l’egida di Assocetra, l’associazione
che riunisce imprese agricole, stoccatori, molini, panificatori e pastifici.
“L’obiettivo è di produrre sulla base delle effettive esigenze
della filiera, valorizzando in tal modo il grano marchigiano doc e dando vita
a un filo diretto tra agricoltura, industria, artigianato e consumatori –
spiega il presidente, Orazio Pascucci -. L’accordo sottoscritto coinvolge
per ora i Consorzi agrari di Pesaro-Urbino e Piceno (Ascoli e Fermo) e altre
cooperative di stoccatori, il Molino del Conero e il Pastificio fanese Iris
dei fratelli Columbro, e prevede che il grano prodotto risponda a determinate
caratteristiche di qualità e sicurezza, a tutela del consumatore. Ma
Assocetra punta ad estenderlo, in modo da realizzare una filiera (pasta, pane,
ecc.) interamente marchigiana, dal campo alla tavola. Spiace, in tutto ciò,
dover constatare un certo disinteresse da parte del mondo politico, anche
perché questo settore, più complesso e sicuramente meno sotto
la luce dei riflettori, interessa circa 40mila imprese agricole, oltre a consorzi,
cooperative, industrie e artigiani”. “L’accordo costituisce
un esempio per tutte le filiere – commenta il presidente di Coldiretti
Marche, Giannalberto Luzi – e rappresenta una speranza per garantire
la sopravvivenza della coltivazione del grano duro in questa regione. Con
la nuova Pac il contributo comunitario non è più legato al tipo
di coltura, lasciando così libere le imprese di piantare ciò
che reputano più rispondente alle richieste del mercato. Non a caso,
le produzioni di grano tenero e di orzo sono date in crescita entrambe del
9%. Il drammatico calo del prezzo all’origine del grano duro ha poi
spinto molti imprenditori a indirizzarsi verso colture più redditizie.
Negli anni ’80 le aziende ricevevano circa 43mila lire al quintale,
mentre ora il grano viene pagato sui 15 euro/q.”.
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-Rapporto annuale 2003 agricoltura Marche, Petrini: “Utili indicazioni
per la programmazione regionale”.
Diminuiscono le aziende agricole, aumenta la specializzazione produttiva.
Sono le caratteristiche principali dell’agricoltura marchigiana che
emergono dal Rapporto annuale 2003, curato dall’Osservatorio agroalimentare
Marche, nato nel 2002 dalla collaborazione tra la Regione e l’Istituto
nazionale economia agraria (Inea). L’indagine è stata presentata
oggi, in Ancona, presso la sede della Giunta regionale. Si tratta della quarta
rilevazione, dopo quelle effettuate nel 1997 (dall’Associazione Alessandro
Bartola e Unioncamere), nel 2000 (dall’Università Politecnica
delle Marche e Regione) e 2002 (dall’Inea e Regione). Lo studio (sintetizzato
da Sabrina Speciale, del servizio Agricoltura) fotografa il settore primario
marchigiano, evidenziando come il calo delle aziende agricole sia del 20%
e riguardi le piccole unità (5-10 Ha) a conduzione diretta, con titolari
di età compresa tra i 45 e i 64 anni. L’apporto del settore agricolo
si attesta attorno al 2,7% del valore aggiunto conseguito dall’economia
regionale; percentuale che sale al 5% se si considera anche il comparto agroalimentare.
Su oltre 969 mila ettari di superficie regionale, più del 73% è
gestito da aziende agricole. Il 40% della superficie agricola utilizzata è
investo a cereali (134 mila ettari a grano duro), coltura che risente fortemente
del contesto internazionale. L’orticoltura denota difficoltà
dovute anche al calo dei consumi, mentre buona è la situazione della
frutticoltura, che comunque soffre di una carente aggregazione dell’offerta.
In calo, invece, la produzione vitivinicola (-14%), imputabile alle condizioni
climatiche sfavorevoli, mentre stabili sono le superfici coltivate e significativa
la riqualificazione dei vigneti (1.388 Ha). L’olivicoltura aumenta le
superfici (+10%), ma contrae la produzione. La zootecnia rappresenta il 29%
della produzione regionale e per l’80% è composta da allevamenti
da carne. La silvicoltura è destinata quasi esclusivamente a usi combustibili
(legna da ardere), mentre forte è l’incremento (+144% dal 1998)
delle produzioni connesse (castagne, tartufi, funghi), per un valore complessivo
di 5,3 milioni di euro. Nel settore dei servizi c’è da registrare
un incremento del 16% delle aziende agrituristiche, soprattutto in provincia
di Ascoli Piceno, per un fatturato stimato di 29 milioni di euro (4% della
quota nazionale).
“Il lavoro curato dall’Osservatorio – ha sottolineato l’assessore
regionale all’Agricoltura, Paolo Petrini – rappresenta un supporto
indispensabile per programmare gli interventi e rilanciare la competitività
degli operatori agricoli. La scarsità delle risorse pubbliche è
nota, per cui diventa indispensabile finalizzare bene i contributi disponibili,
privilegiando alcune priorità, come l’innovazione, la ricerca
e la differenziazione dell’offerta produttiva”.
Margherita Scoppola (Università degli Studi di Macerata) ha presentato
uno studio dell’Inea sull’impatto della Politica agricola comunitaria
nelle Marche. Le nuove disposizioni (contributi alle aziende e non più
alle produzioni) non incideranno sui redditi agricoli, ma causeranno una ridistribuzione
delle superfici coltivate, con una diminuzione dei quelle cerealicole, a vantaggio
delle foraggiere, e un mutamento del paesaggio rurale tradizionale.
Caterina Lucarelli (Università Politecnica delle Marche) ha analizzato
il fabbisogno di credito e di servizi finanziari delle imprese agricole marchigiane.
A fronte di una buona capitalizzazione delle aziende (superiore alla media
degli altri settori produttivi), si segnala un costo dell’indebitamento
(tassi bancari) maggiore: più elevato nelle province di Ancona, Pesaro
e Urbino, rispetto ad Ascoli e Macerata. Tra gli squilibri di cassa si segnalano
quelli determinati dai ritardi negli accrediti dei contributi pubblici.
Andrea Arzeni e Carla Sopranzetti (Inea), infine, hanno illustrato il sistema
di sperimentazione agricola nelle Marche, orientato più alla produzione,
che ai servizi.
Cronaca e Attualità, 2005-07-06