Agrifood: QUI SE MAGNA!
Prodotti tipici in ogni dove, ma l’impressione è stata quella di una grande fiera di paese
Se pensavate ad una Fiera dell’Agricoltura, con un nome
più moderno siete fuori strada. L’Agrifood è stato qualcosa
di profondamente diverso che ci ha ricordato per molti versi il “Salone
del Gusto” di Torino.
Se escludiamo un piccolo stand inerente i carri elevatori e un altro paio
che esponevano soluzioni per il confezionamento e l’imballaggio dei
prodotti non c’è stata l’ombra di un macchinario. Parallelamente
il settore dell’ortofrutta e del florovivaismo si sono fortemente contratti.
Da un punto di vista tecnico qualcosa di interessante ce lo ha riservato il
padiglione 2 in materia di soluzioni tecnologiche per la rintracciabilità
di filiera, ma per il resto L’Agrifood è stato una grande fiera
di paese. La conferma immediata viene dal target di pubblico che affollava
(ad essere sinceri neanche più di tanto) il centro veronese.
Tanti papà e mamme che accompagnavano i propri bambini a vedere gli
animali (gallinelle, asinelli, maialini… a loro detta) come se si trattasse
della “vecchia fattoria”, invece che di una fiera di settore.
Non si vuole dire che non fossero presenti anche molti addetti ai lavori,
ma ricordando l’edizione di solo un paio d’anni fa non ci sono
paragoni che tengano.
I padiglioni dei prodotti tipici sono stati il “core business”
dell’Agrifood. Soprattutto negli orari canonici dello spuntino di metà
mattina e del pranzo una grandissima fetta di visitatori (compreso chi vi
scrive ndr) si è riversato fin nei più sperduti meandri dei
padiglioni 4, 5, 6 e 7.
Anche qui ci sono state luci ed ombre, specie per le Marche. A fronte di stand
regionali ben organizzati come quelli del Lazio, della Toscana e della Campania
è stato triste constatare la mancanza di quello marchigiano, specie
se consideriamo che anche i nostri “cugini” umbri ne avevano uno.
La nostra regione era presente con uno stand della Provincia di Ancona e con
l’AIA Marche… le altre amministrazioni provinciali e regionali
potevano sicuramente impegnarsi maggiormente, non credete?
Interessanti invece, le proposte dei singoli produttori tra cui spiccano in
particolare il vino di miele della Cantina Sociale Belisario (Matelica, MC).
Come ci ha spiegato l’Enologo e Direttore Generale Roberto Potentini
“l’idea nasce dal recupero della tradizione romana tramandata
da Plinio il Vecchio, ovviamente riadattata in chiave moderna. Dopo due terzi
della fermentazione, viene aggiunto al Verdicchio di Matelica una grande quantità
di miele della medesima provenienza.” Un vero nettare degli dei! Ottima
anche la Vernaccia di Serrapetrona dell’Azienda Agricola Alberto Quacquarini
(Serrapetrona, MC). È stato invece una piacevole conferma assaggiare
il ciauscolo dell’ Azienda “Country Pig” di Ripatransone
(AP).
In generale, però, gli espositori marchigiani presenti erano giovani
o giovanissimi; ottima premessa per pensare ad un futuro più spumeggiante
di quello che si prospetta attualmente. Inoltre sono sembrati tutti molto
attenti alla cura ed alla spiegazione dei propri prodotti, segno evidente
di una professionalità alla quale il settore agroalimentare deve assolutamente
aspirare.
Una curiosità: una azienda laziale esponeva in un vasetto di vetro
una specie di salume spalmabile che azzardavano a chiamare “ciauscolo”.
È possibile che si possa permettere una cosa simile quando la battaglia
per il riconoscimento dei prodotti tipici e delle denominazioni d’origine
si fa sempre più serrata?
Armando M. Corsi
Cronaca e Attualità; 06/03/05; 23:18