Convegno Internazionale sulla Pesca e Acquacoltura.
Ancona - Gestione dello Sfop: risultati
I fondi europei per la pesca sono stati ben utilizzati, anche
se l’ultimo periodo segnala una diminuzione delle richieste. È
quanto emerge dall’intervento di Alessandro Piccioli, della Commissione
europea, svolto al Convegno internazionale di Ancona, dedicato al settore
ittico. Al centro del dibattito, la riforma dello Sfop (Strumento finanziario
orientamento pesca), che dal 2007 si trasformerà in Fep (Fondo europeo
per la pesca). Dopo dieci anni di operatività e in vista del prossimo
cambiamento, la Regione Marche ha proposto una riflessione internazionale
sui risultati raggiunti dallo Sfop.
Piccioli ha incentrato l’analisi sul consuntivo 1994-1999 e sul preventivo
2000-2006.
Valutando, quindi, dati definitivi e previsionali, sulla base degli studi
condotti da Ernst & Young e da London Economics per conto della Commissione
europea.
Nel periodo 1994-99 lo Sfop ha cofinanziato progetti, nei 15 Stati membri,
per una spesa complessiva di 2.483 milioni di euro, su un totale di risorse
disponibili di 2.652 milioni di euro. Il tasso di utilizzo ha raggiunto il
94%. Il 51% delle risorse è stato destinato alla flotta peschereccia
(adeguamenti, ammodernamenti e rinnovi), mentre l’acquicoltura ha beneficiato
del 9% dei fondi, investendone l’83%: “Tutto sommato una quota
soddisfacente – ha commentato Piccioli – anche se inferiore alla
media generale, forse per le difficili prospettive economiche di alcuni segmenti
del settore”.
La trasformazione e la commercializzazione del pescato hanno assorbito il
24% dei fondi (con un tasso di utilizzo del 93%), mentre gli altri comparti
minori segnalano “tassi di realizzazione” del 90%. L’unico
neo è rappresentato dalle misure socioeconomiche, che hanno impegnato
solo il 72% delle risorse in bilancio. Appena 48, poi, sono stati i progetti
di “pensionamento anticipato” finanziati, con un costo medio di
22 mila euro. I crediti Sfop sono fortemente concentrati in Spagna, che mobilita
il 46% degli stanziamenti. L’Italia attinge il 13% dei fondi, altri
Paesi (Svezia, Olanda, Finlandia, Belgio e Austria) meno del 2%. Complessivamente
la flotta peschereccia si è ridotta (6.404 navi ritirate, 2.884 costruite),
ma sono migliorate le condizioni di vita e di lavoro a bordo. Lo Sfop ha anche
contributo allo sviluppo della produzione dell’acquicoltura, passata
da 917.000 tonnellate del 1993 a 1.350.000 tonnellate nel 1999. con un aumento
del 47%. Nel settore della trasformazione e commercializzazione ha sostenuto
4.339 progetti, per un importo di 563 milioni di euro. “Gli interventi
cofinanziati dallo Sfop – ha sintetizzato Alessandro Piccioli –
hanno permesso l’adeguamento delle strutture della pesca alle moderne
esigenze della distribuzione e del consumo, mentre non sono state pienamente
soddisfatte quelle ambientali e quelle relative alle politiche di garanzia
della qualità”. Per quanto riguarda la diminuzione dei livelli
occupazionali, “l’impatto negativo è dovuto alle misure
di riduzione della flotta, non totalmente compensate dai settori dell’acquicoltura,
della trasformazione e della commercializzazione, che hanno invece creato
posti di lavoro”.
Anticipando i risultati 2000-2006, Piccioli ha rilevato come gli Stati membri
abbiano decentralizzato la gestione dello Sfop, con una conseguente “polverizzazione
dell’intervento. Ciononostante la qualità delle valutazioni è
soddisfacente, anche se i programmi sono in ritardo rispetto agli obiettivi,
sia in termini d’impegno, che di spesa reale. La scarsità di
garanzie finanziarie per i progetti, le prospettive economiche incerte per
il settore della pesca e la frammentazione del settore, riducono l’interesse
per i programmi. Comunque, in alcuni paesi, come l’Italia, l’Irlanda
e il Portogallo, l’acquicoltura ha mostrato tassi di assorbimento soddisfacenti”.
“Per aumentare la spesa dello Sfop 2000-2006 – ha concluso Piccioli
– i programmi dovrebbero essere meglio pubblicizzati”.
Cronaca e Attualità, 2004-10-23