Signor vice presidente del Consiglio,
ho deciso di partecipare al convegno organizzato ad Ancona dal suo partito
e a cui lei è intervenuto, accettando l’invito formulatomi
soltanto ieri personalmente dal consigliere Carlo Ciccioli, responsabile
regionale di AN, senza formalizzarmi sulla irritualità, per senso
istituzionale, perché sono convinto che in politica esistano avversari
ma non nemici, e che il terreno sul quale possiamo e dobbiamo trovare
un punto di incontro è prima di tutto il senso delle istituzioni
e il rispetto delle regole del galateo istituzionale, che non sono solo
forma. Quindi, rappresentando lei ad alto livello il governo del nostro
paese, avrei voluto sottoporre alla sua attenzione quei temi del rapporto
tra istituzioni, e specificamente tra governo e regioni, che mi sembrano
in questo momento di maggior rilievo.
Poiché non mi è stato possibile rivolgermi direttamente
a Lei, non essendomi stata data la parola, nel lasciare il convegno con
un pizzico di delusione (non si invita, credo, il presidente della giunta
regionale come semplice spettatore, non chiedendogli nemmeno se intende
intervenire) , Le invio questa lettera aperta.
Se avessi potuto parlarLe, on. Fini, Le avrei fatto presente che da un
mese circa il rapporto istituzionale tra il suo governo e le regioni –tutte
le regioni- è formalmente interrotto, fatto questo di eccezionale
gravità nella storia istituzionale del nostro paese, tanto più
preoccupante se si considera che, pur essendo costituita la conferenza
dei presidenti di regione in maggioranza da rappresentanti del suo stesso
schieramento politico, la decisione di non partecipare più alle
riunioni della conferenza stato-regioni è stata presa all’unanimità.
L’aperta contrapposizione dei presidenti delle regioni con il disegno
di legge costituzionale e, in particolare, la definizione del Senato c.d.federale,
ha sovrapposto i piani del dibattito ed ha fatto quasi dimenticare che
è in crisi anche, e direi soprattutto, il rapporto tra regioni
e governo centrale,che secondo me è la circostanza più preoccupante.
Mentre, infatti, l’interlocutore principale sulla riforma della
Costituzione è, almeno formalmente, il Parlamento (però
non credo sia segreto l’intenso coinvolgimento del livello governativo
in ogni tappa del percorso parlamentare della riforma) e quindi Lei potrebbe
rispondermi che nessuna responsabilità ha il governo in questa
vicenda, la decisione sofferta ma unanime delle regioni di non partecipare
ad incontri istituzionali con il governo dipende esclusivamente da atteggiamenti
dell’esecutivo, del quale Lei è vicepresidente. Noi regioni,
infatti, siamo ancora in attesa di risposta alle questioni che continuiamo
a porre fin dall’approvazione della finanziaria, relativamente ad
un mancato trasferimento di risorse, specie per la sanità, e alla
posizione, assolutamente imprevista, di vincoli insopportabili ai bilanci
delle regioni, sulla base di un emendamento interpretativo dell’art.119
della Costituzione, assolutamente unilaterale ed inaccettabile. Le regioni,
senza risposte alle loro richieste su questi punti (ed anche sull’altro,
della sottostima del fabbisogno della sanità per circa 5 miliardi
di euro, secondo nostre valutazioni che nessuno ha contestato nel merito),
non ritengono di poter riprendere i rapporti con il governo, perché,
come ha detto il presidente della regione Lombardia in un incontro con
il presidente del consiglio dei ministri, non sanno se potranno continuare
a svolgere i loro compiti istituzionali, ed anzi non sanno neppure se
potranno continuare ad esistere.
Le avrei ricordato, signor vicepresidente, che il concreto atteggiamento
del governo su numerosi e delicati temi –dal turismo, alla politica
industriale, alla gestione degli asili nido e potrei continuare a lungo-
fa lamentare un pericoloso neo-centralismo, che allarma tutte le regioni
e tutto il mondo delle autonomie.
Come vede, nessuna chiusura corporativa, ma preoccupazioni sulla tenuta
del sistema paese, e sul funzionamento di un delicato equilibrio istituzionale,
rotto il quale avremmo la violazione più plateale dell’art.
5 della Costituzione, quello che prevede “la Repubblica, una e indivisibile”.
Questo Le avrei detto, e penso che la mia storia personale, nonché
la reciproca conoscenza, anche se non approfondita, avrebbe potuto assicurare
tutti i presenti che lo avrei detto con atteggiamento costruttivo, quello
che si richiede a chi riveste incarichi istituzionali, anche quando, come
nel mio caso, non condivide le posizioni politiche dell’interlocutore.
Tra l’altro mi è mancata così anche l’occasione
di darLe personalmente il benvenuto nella mia regione, cosa che avrei
fatto volentieri e che faccio comunque a posteriori, tanto più
che, ovviamente, non La ritengo direttamente responsabile di questo “incidente
diplomatico”.
Cordiali saluti. Vito D’Ambrosio
Cronaca, 2004-03-13
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