Referendum abrogativo della legge regionale 20 giugno 2003, n.13 (Riorganizzazione del Servizio sanitario regionale)
DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE PER NON INDIRE LA CONSULTAZIONE REFERENDARIA NELL’ANNO 2004


Con apposito atto che sarà pubblicato sul BUR del 4 marzo prossimo, il presidente della Giunta regionale ha decretato di non indire nell’anno 2004 il referendum abrogativo della L.R. 13/2003 richiesto in data 28 ottobre 2003. Di seguito le motivazioni contenute nel documento istruttorio:


“L’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, in data 5 novembre 2003, con delibera n. 1449 ha dichiarato ammissibile il referendum abrogativo della legge regionale 13/2003 concernente “Riorganizzazione del Servizio Sanitario Regionale”, richiesto da 28 consigli comunali delle Marche con la seguente formula: “Volete che sia abrogata la legge regionale 20 giugno 2003, n. 13, Riorganizzazione del Servizio sanitario regionale, pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Marche del 26 giugno 2003, n. 55”.

La dichiarazione di ammissibilità della richiesta di referendum rende necessario lo svolgimento di una serie di adempimenti procedurali, così come disciplinati dalla legge regionale 5 aprile 1980, n. 18, ad oggetto: “Norme sui referendum previsti dallo Statuto”.

Il primo degli atti previsti – il decreto del Presidente della Giunta regionale di indizione del referendum – può essere adottato, ai sensi dell’articolo 8 della legge regionale sopra menzionata, solo dopo aver chiarito l’arco temporale entro cui il referendum stesso può essere effettuato.

Tale articolo stabilisce infatti che “I referendum abrogativi vengono effettuati non più di una volta l’anno, nel periodo compreso tra il 1 aprile e il 30 giugno.
Essi sono indetti con decreto del Presidente della Giunta, da emanarsi entro il 28 febbraio. Il decreto dovrà indicare la data, ai sensi del primo comma, nonché la richiesta”.

L’articolo 9, comma 1 della stessa legge dispone poi che: “Non può essere depositata richiesta né può essere effettuato referendum nell’anno precedente la scadenza del Consiglio regionale e nei sei mesi successivi alla sua elezione”.

Quest’ultima disposizione può dar luogo a interpretazioni contrastanti, potendo l’espressione “anno precedente la scadenza del Consiglio regionale” essere intesa come anno solare o come periodo di 365 giorni antecedenti la scadenza stessa.

Pertanto, allo scopo di pervenire alla corretta interpretazione della disposizione sopra citata, in modo da individuare la data in cui, legittimamente, può svolgersi il referendum abrogativo in questione, il Presidente della Giunta regionale, con nota del 7 novembre 2003, ha richiesto ai componenti del Comitato tecnico consultivo per la legislazione un motivato e approfondito parere sul significato da attribuire alla disposizione stessa.

Al riguardo il Comitato tecnico ha reso in data 25 febbraio 2004 il parere che di seguito si riporta integralmente:
“Premesso che:
- è stata accertata l’ammissibilità di una richiesta di referendum abrogativo della L.R. 20 giugno 2003, n. 13 dal titolo “Riorganizzazione del Servizio sanitario regionale”;
- che i referendum abrogativi possono svolgersi non più di una volta l’anno, nel periodo compreso tra il 1° aprile e il 30 giugno, previa indizione con decreto del Presidente della Giunta da emanarsi entro il 28 febbraio (art. 8 L. R. 5 aprile 1980, n. 18);
- che il referendum abrogativo non può essere effettuato nell’anno precedente la scadenza del Consiglio regionale (art. 9, primo comma, L. R. 18/1980);
- che il Consiglio scade nel 2005;
si chiede di individuare in quale anno il referendum in questione può, legittimamente, svolgersi.


1. Il problema nasce dalla incerta formulazione dell’art. 9, primo comma, della L.R. 5 aprile 1980, n. 18, dal titolo “Norme sui referendum previsti dallo statuto” (peraltro ripresa dall’art. 31 della legge statale sui referendum: L. 25 maggio 1970, n. 352, “Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sull’iniziativa legislativa del popolo”), secondo il quale “non può essere depositata richiesta né può essere effettuato referendum nell’anno precedente la scadenza del consiglio regionale”: l’anno precedente è l’anno solare che precede la scadenza del Consiglio regionale (cioè tutto il 2004) o vanno calcolati 365 giorni dalla scadenza del Consiglio?
Per eliminare questo dubbio, è stata presentata in Consiglio regionale una proposta di legge (17 luglio scorso, n. 185, del consigliere Castelli) nella quale si propone di sostituire la formulazione attuale, definita obiettivamente equivoca, con la previsione che i referendum non possono essere effettuati nei dodici mesi precedenti la scadenza del Consiglio regionale.
2. Il presente parere deve, evidentemente, prescindere dalla citata proposta di legge, la quale però testimonia la obiettiva incertezza derivante dal vigente art. 9 della L.R. 18/1980. Ma, ai nostri fini, non è necessario sciogliere tale incertezza perché, qualunque sia l’interpretazione dell’art. 9 L.R. 18/1980, il referendum in esame non può svolgersi nel presente anno.
E’ noto innanzitutto che la identica (sul punto) disposizione statale è stata interpretata dall’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione come riferita all’anno solare (ordinanza 23 ottobre 1992).
Il caso era il seguente. Erano state depositate richieste referendarie nel gennaio 1992, anno di elezione delle nuove Camere (il citato art. 31 vieta il deposito di richieste referendarie nell’anno anteriore all’elezione delle Camere). Poiché il procedimento referendario statale limita la possibilità di presentare domande di referendum abrogativo al periodo 1 gennaio – 30 settembre, le domande del gennaio 1992, non accogliendo la tesi dell’anno solare, sarebbero confluite con quelle presentate entro il 30 settembre 1993, con effettuazione del referendum nel periodo 15 aprile – 15 giugno 1994, e quindi ben oltre due anni dalla richiesta referendaria.
“Un simile amplissimo <periodo morto> non sarebbe radicato, si legge nell’ordinanza, su alcuna logica ed apprezzabile esigenza e verrebbe perciò a limitare gravemente, senza alcuna giustificazione, il diritto fondamentale del cittadino di far valere la sua volontà in ordine alla gestione della civitas e di esprimere la sua opinione sul modo in cui soddisfare determinati interessi pubblici”.
Di qui la decisione dell’Ufficio centrale per il referendum di interpretare il citato art. 31 nel senso che il periodo di inibizione della richiesta di referendum sia quello dell’anno solare antecedente a quello delle nuove elezioni delle Camere, nonostante che, si legge sempre nell’ordinanza, l’interpretazione letterale della norma porti a computare l’anno a ritroso dalla data di scadenza delle Camere (365 giorni prima delle elezioni).
Nel nostro caso, la tesi dell’anno solare comporta la impossibilità dell’effettuazione del referendum in esame nel corrente anno 2004, anno precedente le elezioni regionali del 2005, perché il citato art. 9 della L.R. 18/1980 vieta, non solo il deposito delle richieste referendarie, ma anche l’effettuazione dei referendum nell’anno precedente la scadenza del Consiglio regionale.
Ma anche se si ritiene che i referendum non si possono svolgere nei 365 giorni antecedenti la scadenza del Consiglio regionale (anziché nell’anno solare precedente), non è possibile effettuare il referendum in esame nel corrente anno.
Ed invero, l’art. 3 della legge 17 febbraio 1968, n. 108 (“Norme per l’elezione dei Consigli regionali nelle regioni a statuto normale”) prevede che i consigli regionali si rinnovano ogni cinque anni; esercitano le loro funzioni fino al 46° giorno anteriore alla data delle elezioni, che potranno aver luogo a decorrere dalla quarta domenica precedente il quinquennio; il quinquennio decorre dalla data delle elezioni.
Ne consegue che la durata dei consigli regionali è di cinque anni, mentre la scadenza coincide con l’elezione e può quindi essere più breve della durata (quarta domenica precedente il compimento del quinquennio). La distinzione fra durata e scadenza del Consiglio la si ritrova anche nel nuovo Titolo quinto, Parte seconda, della Costituzione in cui la durata è materia di competenza statale (art. 122, comma 1, Cost.), mentre la fissazione della data delle elezioni, e quindi la scadenza dei consigli regionali, è materia di competenza concorrente delle regioni (art. 10, comma 2, lettera f, della legge 5 giugno 2003, n. 131, “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”).
Nel nostro caso, le ultime elezioni regionali si sono tenute il 16 aprile 2000; i consigli durano in carica, quindi, fino al 16 aprile 2005, ma le elezioni si possono tenere, e quindi i consigli scadono, in una domenica compresa tra il 20 marzo e il 15 aprile 2005: il referendum potrebbe svolgersi, pertanto, fino al 20 marzo 2004, non oltre. Ma poiché, secondo l’art. 8 della L. R. 18/1980 i referendum possono svolgersi solo nel periodo compreso tra il 1 aprile e il 30 giugno, ne consegue l’impossibilità dello svolgimento del referendum in esame nel corrente anno.
Di conseguenza il decreto che dovrà essere emanato entro il prossimo 28 febbraio dovrà motivare perché non indice il referendum nel periodo 1 aprile – 30 giugno 2004. La indicazione della data di effettuazione del referendum spetterà al decreto da emanarsi entro il 28 febbraio 2005, sempreché sia possibile fissarne la data nel periodo 1° aprile-30 giugno 2005.
3. Va d’altronde considerato il fatto che si potrebbe ritenere che tale referendum non solo debba essere rinviato, ma non debba neppure essere più effettuato. L’art. 19 della L.R. 18/1980 prevede che, se prima dell’effettuazione del referendum la norma (rectius, la legge) o il provvedimento amministrativo o le singole disposizioni di essi, cui il referendum si riferisce, siano stati abrogati, il Presidente della Giunta, con proprio decreto, stabilisce che le operazioni relative non abbiano più corso.
La L.R. 13/2003, di cui si chiede l’abrogazione referendaria, in pochi mesi è già stata modificata tre volte e la prima modifica porta addirittura una data (28 ottobre 2003, data della L.R. 19, Assestamento del bilancio 2003, art. 13) anteriore a quella della delibera dell’Ufficio di Presidenza che ha dichiarato l’ammissibilità del referendum abrogativo (5 novembre 2003). La seconda modifica è stata introdotta dall’art. 11 della L.R. 20 gennaio 2004, n. 1; la terza, dalla legge finanziaria regionale per il 2004 (L.R. 2/2004, art. 38).
Con tali modifiche si ampliano le competenze dei sindaci e dei direttori di zona e si limita l’accentramento delle funzioni amministrative nell’unica azienda sanitaria regionale (ASUR), prevedendo la obbligatoria nomina di (non più di quattro) coordinatori amministrativi di area vasta, comprendenti più zone territoriali (comma 6 ter dell’art. 28 della L.R. 13/2003, aggiunto dall’art. 38 L.R. 2/2004). E poiché il referendum, come si legge nella richiesta referendaria, è contro “l’estremo della Azienda unica” e vuole ricostruire, insieme ai Comuni (fra gli altri), “un sistema con al centro gli interessi del cittadino malato”, le modifiche legislative vanno nella direzione auspicata dai promotori del referendum. E che si tratti di modifiche sostanziali all’organizzazione sanitaria disegnata dalla legge sottoposta a richiesta di referendum abrogativo, è confermato dal dibattito che si è svolto in Consiglio regionale sulla legge finanziaria regionale per il 2004.
Vero è che si potrebbe obiettare che la norma dell’art. 19 della L.R. 18/1980 si riferisce soltanto al caso in cui le norme sottoposte a referendum (legge, provvedimento amministrativo o singole disposizioni di essi) siano state abrogate sic et simpliciter, mentre nel caso in esame l’abrogazione si accompagna ad una nuova normativa, di cui va valutato il grado di “novità”, che tuttavia pare sussistere. Si potrebbe obiettare inoltre che le abrogazioni riguardano solo alcune disposizioni di una legge di cui è stata chiesta l’abrogazione referendaria nella sua interezza e va valutata pertanto l’essenzialità delle disposizioni modificate in ordine al disegno organizzativo complessivo della legge, ma anche ciò nel caso pare sussistere.
Se così fosse, dall’applicazione dell’art. 19 della L.R. 18/1980 potrebbe derivare quindi anche la decisione del Presidente della Giunta regionale che le operazioni referendarie non abbiano più luogo, perché “singole disposizioni” essenziali della legge cui il referendum si riferisce sono state sostituite (e quindi abrogate), ma trattasi di una interpretazione che affiderebbe ad un organo politico come il Presidente della Giunta regionale valutazioni che comportano una qualche discrezionalità interpretativa (novità della nuova normativa ed essenzialità dell’abrogazione parziale).
Si tenga conto infine:
- che il referendum è stato dichiarato ammissibile perché l’attuale art. 7 della L.R. 18/1980 limita il giudizio sull’ammissibilità all’osservanza, soltanto, di quanto previsto dagli articoli 1 e 2 della legge, che riguardano i proponenti e le materie escluse dalle richieste referendarie, ma il quesito non è affatto omogeneo, come prescrive la Corte costituzionale, perché la L.R. 13/2003 disciplina oggetti molto diversi fra loro, quali, ad esempio, le finalità del servizio sanitario regionale e il sistema informativo regionale integrato;
- che, se fosse accolto il referendum, la sanità regionale resterebbe senza regole, perché la normativa in vigore non prevede la possibilità di ritardare gli effetti abrogativi del referendum per colmare il vuoto normativo, sebbene lo Statuto favorisca il referendum “nei limiti consentiti dalle esigenze di funzionalità della organizzazione regionale” (art. 34, primo comma)(1).

(1) La cit. ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum notava, nel 1992, che la dottrina non ha mai affrontato in modo organico e approfondito la questione in esame (v. A. Chiappetti, L’ammissibilità del referendum abrogativo, Milano, Giuffré, 1974, pag. 134, nota 80). L’ordinanza è stata commentata da G. M. Salerno, La richiesta di referendum abrogativo tra scioglimento delle Camere e tempestività del deposito, Giur cost. 1992, 3587 e da A. Cariola, Osservazioni sul ruolo dell’Ufficio centrale nel procedimento referendario in una fase istituzionale che assume i contorni della stagione costituente, Foro it. 1994, I.
Si vedano anche gli atti del seminario svoltosi alla Corte costituzionale il 5 e 6 luglio 1996 sul giudizio di ammissibilità del referendum abrogativo, Milano, Giuffrè, 1998 e R. Pinardi, L’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione, Milano, Giuffrè, 2000, 69 ss.”.

Sulla base delle indicazioni contenute nel sopra riportato parere si deve ritenere che il referendum abrogativo in argomento non possa legittimamente svolgersi nell’anno 2004.

Conseguentemente si propone al Presidente della Giunta regionale di adottare un decreto che disponga la non indizione nell’anno 2004 del referendum abrogativo della legge regionale 13/2003 concernente “Riorganizzazione del Servizio Sanitario Regionale”.