Con apposito atto che sarà pubblicato sul BUR del 4 marzo prossimo,
il presidente della Giunta regionale ha decretato di non indire nell’anno
2004 il referendum abrogativo della L.R. 13/2003 richiesto in data 28
ottobre 2003. Di seguito le motivazioni contenute nel documento istruttorio:
“L’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, in data
5 novembre 2003, con delibera n. 1449 ha dichiarato ammissibile il referendum
abrogativo della legge regionale 13/2003 concernente “Riorganizzazione
del Servizio Sanitario Regionale”, richiesto da 28 consigli comunali
delle Marche con la seguente formula: “Volete che sia abrogata la
legge regionale 20 giugno 2003, n. 13, Riorganizzazione del Servizio sanitario
regionale, pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Marche del
26 giugno 2003, n. 55”.
La dichiarazione di ammissibilità della richiesta di referendum
rende necessario lo svolgimento di una serie di adempimenti procedurali,
così come disciplinati dalla legge regionale 5 aprile 1980, n.
18, ad oggetto: “Norme sui referendum previsti dallo Statuto”.
Il primo degli atti previsti – il decreto del Presidente della Giunta
regionale di indizione del referendum – può essere adottato,
ai sensi dell’articolo 8 della legge regionale sopra menzionata,
solo dopo aver chiarito l’arco temporale entro cui il referendum
stesso può essere effettuato.
Tale articolo stabilisce infatti che “I referendum abrogativi vengono
effettuati non più di una volta l’anno, nel periodo compreso
tra il 1 aprile e il 30 giugno.
Essi sono indetti con decreto del Presidente della Giunta, da emanarsi
entro il 28 febbraio. Il decreto dovrà indicare la data, ai sensi
del primo comma, nonché la richiesta”.
L’articolo 9, comma 1 della stessa legge dispone poi che: “Non
può essere depositata richiesta né può essere effettuato
referendum nell’anno precedente la scadenza del Consiglio regionale
e nei sei mesi successivi alla sua elezione”.
Quest’ultima disposizione può dar luogo a interpretazioni
contrastanti, potendo l’espressione “anno precedente la scadenza
del Consiglio regionale” essere intesa come anno solare o come periodo
di 365 giorni antecedenti la scadenza stessa.
Pertanto, allo scopo di pervenire alla corretta interpretazione della
disposizione sopra citata, in modo da individuare la data in cui, legittimamente,
può svolgersi il referendum abrogativo in questione, il Presidente
della Giunta regionale, con nota del 7 novembre 2003, ha richiesto ai
componenti del Comitato tecnico consultivo per la legislazione un motivato
e approfondito parere sul significato da attribuire alla disposizione
stessa.
Al riguardo il Comitato tecnico ha reso in data 25 febbraio 2004 il parere
che di seguito si riporta integralmente:
“Premesso che:
- è stata accertata l’ammissibilità di una richiesta
di referendum abrogativo della L.R. 20 giugno 2003, n. 13 dal titolo “Riorganizzazione
del Servizio sanitario regionale”;
- che i referendum abrogativi possono svolgersi non più di una
volta l’anno, nel periodo compreso tra il 1° aprile e il 30
giugno, previa indizione con decreto del Presidente della Giunta da emanarsi
entro il 28 febbraio (art. 8 L. R. 5 aprile 1980, n. 18);
- che il referendum abrogativo non può essere effettuato nell’anno
precedente la scadenza del Consiglio regionale (art. 9, primo comma, L.
R. 18/1980);
- che il Consiglio scade nel 2005;
si chiede di individuare in quale anno il referendum in questione può,
legittimamente, svolgersi.
1. Il problema nasce dalla incerta formulazione dell’art. 9, primo
comma, della L.R. 5 aprile 1980, n. 18, dal titolo “Norme sui referendum
previsti dallo statuto” (peraltro ripresa dall’art. 31 della
legge statale sui referendum: L. 25 maggio 1970, n. 352, “Norme
sui referendum previsti dalla Costituzione e sull’iniziativa legislativa
del popolo”), secondo il quale “non può essere depositata
richiesta né può essere effettuato referendum nell’anno
precedente la scadenza del consiglio regionale”: l’anno precedente
è l’anno solare che precede la scadenza del Consiglio regionale
(cioè tutto il 2004) o vanno calcolati 365 giorni dalla scadenza
del Consiglio?
Per eliminare questo dubbio, è stata presentata in Consiglio regionale
una proposta di legge (17 luglio scorso, n. 185, del consigliere Castelli)
nella quale si propone di sostituire la formulazione attuale, definita
obiettivamente equivoca, con la previsione che i referendum non possono
essere effettuati nei dodici mesi precedenti la scadenza del Consiglio
regionale.
2. Il presente parere deve, evidentemente, prescindere dalla citata proposta
di legge, la quale però testimonia la obiettiva incertezza derivante
dal vigente art. 9 della L.R. 18/1980. Ma, ai nostri fini, non è
necessario sciogliere tale incertezza perché, qualunque sia l’interpretazione
dell’art. 9 L.R. 18/1980, il referendum in esame non può
svolgersi nel presente anno.
E’ noto innanzitutto che la identica (sul punto) disposizione statale
è stata interpretata dall’Ufficio centrale per il referendum
presso la Corte di cassazione come riferita all’anno solare (ordinanza
23 ottobre 1992).
Il caso era il seguente. Erano state depositate richieste referendarie
nel gennaio 1992, anno di elezione delle nuove Camere (il citato art.
31 vieta il deposito di richieste referendarie nell’anno anteriore
all’elezione delle Camere). Poiché il procedimento referendario
statale limita la possibilità di presentare domande di referendum
abrogativo al periodo 1 gennaio – 30 settembre, le domande del gennaio
1992, non accogliendo la tesi dell’anno solare, sarebbero confluite
con quelle presentate entro il 30 settembre 1993, con effettuazione del
referendum nel periodo 15 aprile – 15 giugno 1994, e quindi ben
oltre due anni dalla richiesta referendaria.
“Un simile amplissimo <periodo morto> non sarebbe radicato,
si legge nell’ordinanza, su alcuna logica ed apprezzabile esigenza
e verrebbe perciò a limitare gravemente, senza alcuna giustificazione,
il diritto fondamentale del cittadino di far valere la sua volontà
in ordine alla gestione della civitas e di esprimere la sua opinione sul
modo in cui soddisfare determinati interessi pubblici”.
Di qui la decisione dell’Ufficio centrale per il referendum di interpretare
il citato art. 31 nel senso che il periodo di inibizione della richiesta
di referendum sia quello dell’anno solare antecedente a quello delle
nuove elezioni delle Camere, nonostante che, si legge sempre nell’ordinanza,
l’interpretazione letterale della norma porti a computare l’anno
a ritroso dalla data di scadenza delle Camere (365 giorni prima delle
elezioni).
Nel nostro caso, la tesi dell’anno solare comporta la impossibilità
dell’effettuazione del referendum in esame nel corrente anno 2004,
anno precedente le elezioni regionali del 2005, perché il citato
art. 9 della L.R. 18/1980 vieta, non solo il deposito delle richieste
referendarie, ma anche l’effettuazione dei referendum nell’anno
precedente la scadenza del Consiglio regionale.
Ma anche se si ritiene che i referendum non si possono svolgere nei 365
giorni antecedenti la scadenza del Consiglio regionale (anziché
nell’anno solare precedente), non è possibile effettuare
il referendum in esame nel corrente anno.
Ed invero, l’art. 3 della legge 17 febbraio 1968, n. 108 (“Norme
per l’elezione dei Consigli regionali nelle regioni a statuto normale”)
prevede che i consigli regionali si rinnovano ogni cinque anni; esercitano
le loro funzioni fino al 46° giorno anteriore alla data delle elezioni,
che potranno aver luogo a decorrere dalla quarta domenica precedente il
quinquennio; il quinquennio decorre dalla data delle elezioni.
Ne consegue che la durata dei consigli regionali è di cinque anni,
mentre la scadenza coincide con l’elezione e può quindi essere
più breve della durata (quarta domenica precedente il compimento
del quinquennio). La distinzione fra durata e scadenza del Consiglio la
si ritrova anche nel nuovo Titolo quinto, Parte seconda, della Costituzione
in cui la durata è materia di competenza statale (art. 122, comma
1, Cost.), mentre la fissazione della data delle elezioni, e quindi la
scadenza dei consigli regionali, è materia di competenza concorrente
delle regioni (art. 10, comma 2, lettera f, della legge 5 giugno 2003,
n. 131, “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento
della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3”).
Nel nostro caso, le ultime elezioni regionali si sono tenute il 16 aprile
2000; i consigli durano in carica, quindi, fino al 16 aprile 2005, ma
le elezioni si possono tenere, e quindi i consigli scadono, in una domenica
compresa tra il 20 marzo e il 15 aprile 2005: il referendum potrebbe svolgersi,
pertanto, fino al 20 marzo 2004, non oltre. Ma poiché, secondo
l’art. 8 della L. R. 18/1980 i referendum possono svolgersi solo
nel periodo compreso tra il 1 aprile e il 30 giugno, ne consegue l’impossibilità
dello svolgimento del referendum in esame nel corrente anno.
Di conseguenza il decreto che dovrà essere emanato entro il prossimo
28 febbraio dovrà motivare perché non indice il referendum
nel periodo 1 aprile – 30 giugno 2004. La indicazione della data
di effettuazione del referendum spetterà al decreto da emanarsi
entro il 28 febbraio 2005, sempreché sia possibile fissarne la
data nel periodo 1° aprile-30 giugno 2005.
3. Va d’altronde considerato il fatto che si potrebbe ritenere che
tale referendum non solo debba essere rinviato, ma non debba neppure essere
più effettuato. L’art. 19 della L.R. 18/1980 prevede che,
se prima dell’effettuazione del referendum la norma (rectius, la
legge) o il provvedimento amministrativo o le singole disposizioni di
essi, cui il referendum si riferisce, siano stati abrogati, il Presidente
della Giunta, con proprio decreto, stabilisce che le operazioni relative
non abbiano più corso.
La L.R. 13/2003, di cui si chiede l’abrogazione referendaria, in
pochi mesi è già stata modificata tre volte e la prima modifica
porta addirittura una data (28 ottobre 2003, data della L.R. 19, Assestamento
del bilancio 2003, art. 13) anteriore a quella della delibera dell’Ufficio
di Presidenza che ha dichiarato l’ammissibilità del referendum
abrogativo (5 novembre 2003). La seconda modifica è stata introdotta
dall’art. 11 della L.R. 20 gennaio 2004, n. 1; la terza, dalla legge
finanziaria regionale per il 2004 (L.R. 2/2004, art. 38).
Con tali modifiche si ampliano le competenze dei sindaci e dei direttori
di zona e si limita l’accentramento delle funzioni amministrative
nell’unica azienda sanitaria regionale (ASUR), prevedendo la obbligatoria
nomina di (non più di quattro) coordinatori amministrativi di area
vasta, comprendenti più zone territoriali (comma 6 ter dell’art.
28 della L.R. 13/2003, aggiunto dall’art. 38 L.R. 2/2004). E poiché
il referendum, come si legge nella richiesta referendaria, è contro
“l’estremo della Azienda unica” e vuole ricostruire,
insieme ai Comuni (fra gli altri), “un sistema con al centro gli
interessi del cittadino malato”, le modifiche legislative vanno
nella direzione auspicata dai promotori del referendum. E che si tratti
di modifiche sostanziali all’organizzazione sanitaria disegnata
dalla legge sottoposta a richiesta di referendum abrogativo, è
confermato dal dibattito che si è svolto in Consiglio regionale
sulla legge finanziaria regionale per il 2004.
Vero è che si potrebbe obiettare che la norma dell’art. 19
della L.R. 18/1980 si riferisce soltanto al caso in cui le norme sottoposte
a referendum (legge, provvedimento amministrativo o singole disposizioni
di essi) siano state abrogate sic et simpliciter, mentre nel caso in esame
l’abrogazione si accompagna ad una nuova normativa, di cui va valutato
il grado di “novità”, che tuttavia pare sussistere.
Si potrebbe obiettare inoltre che le abrogazioni riguardano solo alcune
disposizioni di una legge di cui è stata chiesta l’abrogazione
referendaria nella sua interezza e va valutata pertanto l’essenzialità
delle disposizioni modificate in ordine al disegno organizzativo complessivo
della legge, ma anche ciò nel caso pare sussistere.
Se così fosse, dall’applicazione dell’art. 19 della
L.R. 18/1980 potrebbe derivare quindi anche la decisione del Presidente
della Giunta regionale che le operazioni referendarie non abbiano più
luogo, perché “singole disposizioni” essenziali della
legge cui il referendum si riferisce sono state sostituite (e quindi abrogate),
ma trattasi di una interpretazione che affiderebbe ad un organo politico
come il Presidente della Giunta regionale valutazioni che comportano una
qualche discrezionalità interpretativa (novità della nuova
normativa ed essenzialità dell’abrogazione parziale).
Si tenga conto infine:
- che il referendum è stato dichiarato ammissibile perché
l’attuale art. 7 della L.R. 18/1980 limita il giudizio sull’ammissibilità
all’osservanza, soltanto, di quanto previsto dagli articoli 1 e
2 della legge, che riguardano i proponenti e le materie escluse dalle
richieste referendarie, ma il quesito non è affatto omogeneo, come
prescrive la Corte costituzionale, perché la L.R. 13/2003 disciplina
oggetti molto diversi fra loro, quali, ad esempio, le finalità
del servizio sanitario regionale e il sistema informativo regionale integrato;
- che, se fosse accolto il referendum, la sanità regionale resterebbe
senza regole, perché la normativa in vigore non prevede la possibilità
di ritardare gli effetti abrogativi del referendum per colmare il vuoto
normativo, sebbene lo Statuto favorisca il referendum “nei limiti
consentiti dalle esigenze di funzionalità della organizzazione
regionale” (art. 34, primo comma)(1).
(1) La cit. ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum notava,
nel 1992, che la dottrina non ha mai affrontato in modo organico e approfondito
la questione in esame (v. A. Chiappetti, L’ammissibilità
del referendum abrogativo, Milano, Giuffré, 1974, pag. 134, nota
80). L’ordinanza è stata commentata da G. M. Salerno, La
richiesta di referendum abrogativo tra scioglimento delle Camere e tempestività
del deposito, Giur cost. 1992, 3587 e da A. Cariola, Osservazioni sul
ruolo dell’Ufficio centrale nel procedimento referendario in una
fase istituzionale che assume i contorni della stagione costituente, Foro
it. 1994, I.
Si vedano anche gli atti del seminario svoltosi alla Corte costituzionale
il 5 e 6 luglio 1996 sul giudizio di ammissibilità del referendum
abrogativo, Milano, Giuffrè, 1998 e R. Pinardi, L’Ufficio
centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione, Milano, Giuffrè,
2000, 69 ss.”.
Sulla base delle indicazioni contenute nel sopra riportato parere si deve
ritenere che il referendum abrogativo in argomento non possa legittimamente
svolgersi nell’anno 2004.
Conseguentemente si propone al Presidente della Giunta regionale di adottare
un decreto che disponga la non indizione nell’anno 2004 del referendum
abrogativo della legge regionale 13/2003 concernente “Riorganizzazione
del Servizio Sanitario Regionale”.
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