ASPETTI INTERDISCIPLINARI NELLA DIAGNOSTICA DEL
TUMORE MAMMARIO
Professor Guidalberto FABRIS
Dipartimento di Neuroscienze, Istituto di Anatomia Patologica, Università
Politecnica delle Marche, Ancona
Nel corso degli ultimi anni le acquisizioni sulla patologia e sulla biologia
del carcinoma mammario hanno introdotto importanti cambiamenti nella diagnostica,
nella stadiazione e nella terapia. Nella diagnostica le diverse modalità
di attuazione (core biopsy, mammotome, ecc.) della biopsia tessutale consentono
di pervenire a diagnosi definitive nella quasi totalità dei casi,
di evitare l'approccio chirurgico diagnostico o di asportare cluster di
microcalcificazioni. L'ultima revisione della classificazione TNM specifica
che, nel carcinoma microinvasivo ed in alcune forme speciali (carcinoma
mucinoso e tubulare) inferiori a 1 cm, la dissezione ascellare non è
necessaria, considera i linfonodi sovraclaveari come regionali, presenta
una nuova definizione della micrometastasi linfonodale, sancisce che,
nei casi previsti, il linfonodo sentinella costituisce l'alternativa alla
dissezione ascellare. Inoltre, la caratterizzazione biopatologica della
neoplasia non solo mantiene il significato prognostico, ma diventa soprattutto
uno straordinario strumento di selezione delle pazienti per la terapia.
L’approccio multidisciplinare, basato sulla discussione e sulle
decisioni condivise, costituisce il metodo che assicura la migliore utilizzazione
delle conoscenze disponibili.
Dott.ssa VIVIANA GALIMBERTI
Direttore del Dipartimento di Senologia, Istituto Europeo di Oncologia,
Milano.
Nel corso degli ultimi 20 anni, l'identificazione di lesioni mammarie
ad uno stadio sempre più precoce ha permesso l'evoluzione della
chirurgia del seno da demolitiva a conservativa. Tuttavia, in assenza
di procedure diagnostiche affidabili per valutare lo stato dei linfonodi
ascellari, la dissezione ascellare completa era una parte integrante nel
trattamento del tumore mammario. La metodica della biopsia del linfonodo
sentinella, messa a punto all'Istituto Europeo di Oncologia, ha dimostrato
di essere una procedura sicura ed accurata in grado di predire con accuratezza
lo stato dei linfonodi ascellari. Questa metodica può evitare la
dissezione ascellare nelle pazienti che presentano negatività istologica
al linfonodo sentinella e rappresenta un'ulteriore progresso nella ricerca
di un trattamento sempre meno aggressivo del carcinoma mammario.
L'esame del linfonodo sentinella rappresenta una metodica diagnostica
minimamente invasiva in grado di predire lo stato Istologico dei linfonodi
ascellari attraverso l'esame del linfonodo che, per primo, riceve la linfa
proveniente dall'area in cui è situato il tumore primario. Questa
metodica si basa su diversi studi che hanno approfondito le conoscenze
della biologia del carcinoma mammario e In particolare le modalità
di interessamento neoplastico ai linfonodi regionali.
Il giorno precedente l'intervento, una piccola dose di tracciante radioattivo
viene iniettata al di sotto del derma o all'interno del parenchima vicino
al tumore. Il tracciante migrando nei capillari linfatici raggiunge e
viene intrappolato dal primo linfonodo.
Durante l'intervento, l'identificazione e l'asportazione del linfonodo
sentinella avviene mediante l'utilizzo di una sonda per chirurgia radioguidata.
Risultati clinici in una serie di oltre 4.000 pazienti, hanno dimostrato
che la biopsia radioguidata del linfonodo sentinella è una procedura
affidabile. L'alto tasso di identificazione del linfonodo sentinella con
la sonda radioguidata, l'accuratezza dell' esame istologico intraoperatorio,
unitamente alla sicurezza in termini di radioprotezioni (tanto per le
pazienti che per lo Staff medico) indicano che questa procedura rappresenta
un importante progresso nella stadiazione ascellare per il trattamento
del carcinoma mammario, risparmiando per molte pazienti la dissezione
ascellare.
AZIENDA SANITARIA LOCALE 13
Ascoli Piceno
Ospedale "C. e G. Mazzoni"
Servizio di Anatomia Istologia Patologica e Citodiagnostica
Via degli Iris- 63100 Ascoli Piceno- Tel.IFax - 0736-358430
Primario Dott. Vladimiro Mambelli
CARCINOMA della MAMMELLA
Attuale approccio diagnostico citologico, istologico ed anatomo-patologico
Lo studio del comportamento biologico del carcinoma infiltrante della
mammella per fini prognostici-terapeutici ha ricevuto notevole impulso
negli ultimi 15 anni da quando sono state messe a punto nuove strategie
oncologiche basate sull'identificazione di specifici canali funzionali
esistenti nella neoplasia che determinano una particolare risposta biologica
al protocollo terapeutico applicato. In particolare, ai tradizionali protocolli
radio/chemiterapeutici, si è affiancato l'utilizzo di molecole
strutturalmente simili agli estrogeni, ma con conformazione alterata,
in grado di bloccare la normale funzionalità dei recettori. Questo
approccio terapeutico richiede di conoscere lo stato funzionale della
via estrogenico progestinica.
Per una reale efficacia terapeutica, però, occorrerebbe identificare
le vie attraverso le quali le cellule neoplastiche sostengono la loro
crescita, determinano il loro differenziamento, stabiliscono la loro motilità,
esercitano un capacità di resistenza nei confronti di agenti chimici
e fisici ed infine acquisiscono capacità di interazione con l'ambiente
circostante.
In parole povere è la biologia di crescita della singola neoplasia
da curare che deve essere caratterizzata. Un tale approccio, oltre alla
vastità dei parametri biologici coinvolti, è complicato
ulteriormente dall'esistenza di una eterogenità clonale, che si
riscontra frequentemente nelle neoplasie solide, e specificamente nel
carcinoma della mammella.
Infatti, dopo gli eventi genetici primari che hanno trasformato la cellula
da normale in neoplasia, ulteriori alterazioni vengono acquisite durante
la fase di crescita latente (promozione) e a seguito della disregolazione
proliferativa che accompagna la fase di progressione maligna, durante
la quale il tumore si manifesta.
Le modificazioni genetiche che forniscono addizionali vantaggi di crescita
alla cellula hanno la potenzialità di causare l'insorgenza di nuovi
doni che, espandendosi, si affiancano o sostituiscono quelli precedenti.
Ne nasce una neoplasia costituita da più cellule di tipo diverso,
su cui il protocollo terapeutico applicato potrebbe non agire o anche
agire in senso peggiorativo, eliminando il clone meno dannoso o le cellule
più differenziate invece di quelle staminali, con conseguenze facilmente
prevedibili.
L'insieme di questi problemi rende necessario capire quali percorsi biologici
il carcinoma della mammella stia seguendo nel suo sviluppo e se essi siano
o meno campatibili con le scelte terapeutiche disponibili.
Per esempio, mentre ci si attende che una neoplasia costituita da una
omogenea popolazione neoplastica con via recettoriale estro-progestinica
attiva risponda bene ad una terapia antiormonale, sarebbe inutile ed anche
controproducente trattare nella stessa maniera una neoplasia che presenti
tale via non funzionante.
Lo stimolo mitogenico recepito normalmente dalla cellula epiteliale mammaria
passa attraverso l'espressione e la attivazione nucleare del recettore
estrogenico.
Tale espressione è sincronizzata con la prima fase del ciclo mestruale
e regola l'espansione delle cellule ghiandolari. Alla relativa combinazione
estrogeno-recettore segue una cascata di attivazioni geniche seguite dall'espressione
delle relative proteine, la cui presenza nella cellula definisce la piena
funzionalità di questa via.
La mancanza in tutto o in parte, di queste proteine depone per una anomala
o assente funzionalità della via estro-progestinica, anche in cellule
in cui i relativi recettori siano espressi. In quest'ultimo caso, un trattamento
basato sull'induzione di un blocco recettoriale, avrà scarsi risultati
dal momento che questa via di controllo della crescita probabilmente non
funziona.
Gli eventi spia della reale funzionalità del recettore per gli
estrogeni sono: (1) l'attivazione, la sintesi e la relativa collocazione
nucleare del recettore per il progesterone, (2) la sintesi di pS2, proteina
sintetizzata e quindi di secreta nell'ambiente extra-cellulare, (3)la
sintesi di catepsina-D, proteina lisosomiale, in genere ritenuta entro
la cellule, a volte secreta con effetti di digestione della matrice, (4)
la sintesi di alcune proteine della famiglia delle HSP (Heat Shock Proteins),
come prevalentemente l'Hsp27, (5) la sintesi e ritenzione sui mitocondri
e nel citoplasma della proteina dell'oncogene bcl-2 (p26), coinvolta nella
regolazione dell'apoptosi. Oltre ad innescare la sintesi delle summenzionate
proteine (che possono quindi essere viste come lo specchio di un ben preciso
aspetto differenziativo), la via estro-progestinica esercita anche una
n'azione di controllo della proliferazione cellulare. Infatti, la quota
di cellule proliferanti, nelle neoplasie estesamente positive per recettori
estro-progesinici, non raggiunge mai livelli molto elevati; anzi, la letteratura
riporta un'associazione inversa fra contenuto recettoriale (determinato
su citosol o immunoistochimicamente) e proliferazione. E' proprio la bassa
proliferazione che ci conferma la presenza di un efficace controllo ormonale
sulla crescita della popolazione nei tumori positivi ai recettori per
gli estrogeni e alle varie proteine estrogeno dipendenti.
Per questi tumori, un trattamento antiestrogenico potrebbe essere molto
efficace.
Esistono molte tumori che esprimono sulla membrana citoplasmatica recettori
per fattori di crescita. Il più studiato di tali recettori è
il c-eRBB2, associato in genere a crescita rapida e metastaticamente.
Si possono trovare anche nel carcinoma della mammella mutazioni geniche
che coinvolgono oncogeni e antioncogeni, in particolare è importante
la mutazione che coinvolge la proteina P53, coinvolta, normalmente nel
"controllo di qualità" delle cellule proliferanti e che
induce la riparazione del DNA. La sua mutazione è associata ad
un carcinoma più aggressivo ed ad alto indice di proliferazione.
La valutazione d'insieme di questi parametri porta a conoscere il comportamento
biologico di ogni singola neoplasia, nel tentativo di curare quindi ogni
singolo paziente nel modo più appropriato.
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