L'articolo 13 della 257/92, al comma 8, stabilisce
che "ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche i
periodi di lavoro soggetti all'assicurazione obbligatoria contro le rnalattie
professionali derivanti dall'esposizione all'amianto gestita dall'INAIL
quando superano i dieci anni sono moltiplicati per il coefficiente di
1,5". Proprio questo comma era stato oggetto di censura, con sentenze
di vari pretori, perché non è definita una soglia di esposizione
ma esprime solo un concetto temporale che potrebbe creare discriminazioni.
La corte costituzionale, con la sentenza n. 5 del 12.01.2000, aveva ritenuto
invece legittimo il comma perché, “noto l'elevato rischio
cancerogeno delle fibre di amianto, è sufficiente una esposizione
anche minima, se la durata e prolungata, per avere effetti nocivi sulla
salute”. Tale sentenza, quindi, riconosceva la piena legittimità
della 257/92 e tutti i lavoratori esposti per oltre dieci anni avrebbero
avuto diritto alla rivalutazione in oggetto. La corte di cassazione, con
la sentenza n. 7048 del 15 maggio 2002, ha stabilito invece che i benefici
pensionistici di cui all'art. 13 comma 8 della 257/92, siano da riconoscersi
solo ai lavoratori che abbiano corso il "rischio effettivo e non
meramente ipotetico" di contrarre una malattia a causa di una prolungata
esposizione all’amianto e che provino:
- di aver svolto una delle attivita' lavorative soggette ad assicurazione
obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall'amianto all'Inail;
- di aver lavorato in un ambiente caratterizzato dalla presenza di valori
di rischio superiori a quelli di soglia consentiti dagli articoli 24 e
31 del Dlgs 277/1991;
- di aver lavorato in tale ambiente per un periodo di tempo non inferiore
a 10 anni (periodo nel quale devono essere ricomprese tutte le "pause
fisiologiche" dell'attivita' lavorativa, quali ferie, permessi, festività).
La sentenza, attesa da molto tempo dagli esposti al rischio amianto, ha
aperto la discussione sul riconoscimento degli stessi benefici ai lavoratori
esposti sotto i limiti di soglia e a quelli già pensionati prima
dell'entrata in vigore della legge quando i limiti non erano stati fissati
e non erano quindi controllati. Questa sentenza desta, infatti, molte
perplessità anche perchè non esiste una relazione quantitativa
tra esposizione e malattia ma è sufficiente una esposizione anche
minima, per avere effetti nocivi sulla salute, noto l'elevato rischio
cancerogeno delle fibre di amianto. Per questo motivo le rappresentanze
sindacali stanno procedendo con ricorsi al TAR per tutelare i diritti
dei lavoratori. Nel frattempo non rimane che attendere, pertanto, eventuali
disposizioni integrative in materia, che devono emergere a seguito della
conclusione del dibattito parlamentare in atto sui vari disegni di legge
presentati in questa e in precedenti legislature.
Pietro Lucadei
Prevenzione e Sicurezza in Ambiente di Vita e di Lavoro, 2003-10-08 ore
14.29
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